La parabola dell’ Elevato
25 Novembre 2024Netanyahu pronto alla tregua in Libano “Accordo a un passo”
25 Novembre 2024Salvini, vicino il taglio del canone. Forza Italia vuole «compensazioni». E la premier: ora abbassate i toni
Il retroscena
di Marco Cremonesi e Monica Guerzoni
Verso i 70 euro per la tv di Stato. Tajani evoca l’Autonomia: riforma indigeribile
Una gran voglia di far trapelare l’entusiasmo per il trionfo dell’Italia in Coppa Davis e assai meno di far filtrare voci e concetti dal vertice dei leader. L’atteggiamento tenuto dai «big» di maggioranza nelle ore dell’incontro a cinque, a porte rigorosamente chiuse, rivela che Giorgia Meloni aveva l’esigenza di placare l’agitazione dei partiti, dopo giorni di forti tensioni. E l’urgenza di spiegare agli alleati che fine faranno le deleghe di Raffaele Fitto su Pnrr, Sud, Coesione e Affari europei: la premier pensa di tenerle a Palazzo Chigi fino a gennaio, dividendo i dossier sui tavoli dei sottosegretari Mantovano e Fazzolari.
Scrivere nella nota ufficiale «piena condivisione di vedute» serve a spazzar via l’immagine di un governo spaccato, anche in politica estera. «La linea sul mandato di arresto per Netanyahu è quella di Chigi e della Farnesina», ha chiarito la fondatrice di Fdi, prima di stoppare l’assalto alla diligenza che si è scatenato sulla legge di bilancio. I soldi sono pochi e le bandierine sventolate dalle forze politiche sono troppe, è il richiamo della leader: «La coperta è corta, per cui in Parlamento faremo solo scelte condivise, quelle che avranno le coperture e il via libera di Giorgetti». La prima invocazione della presidente è «abbassare i toni» e i vessilli, per non prestare il fianco agli attacchi delle opposizioni rinvigorite dalle elezioni regionali. Argomento spinoso, perché è proprio la doppia botta in Emilia Romagna e Umbria ad aver raffreddato ancor più i rapporti tra i due vice.
Con la premier in missione tra Brasile e Argentina fino al 21 novembre, i due vicepremier sono entrati in conflitto pressoché su tutto. Finché il segretario di Forza Italia è partito in pressing e le ha chiesto di battere un colpo: «Giorgia, noi abbiamo accettato riforme per noi indigeribili, alle quali la Lega teneva per questioni di posizionamento. Ora sta passando il messaggio che il problema è una sfida personale tra me e Salvini e io non lo posso accettare». Dove la prima delle cose «indigeribili» per gli azzurri è l’autonomia, che a sentire un dirigente di FI «rischia di farci saltare il partito».
Il dopo Fitto
La premier pensa di tenere fino a gennaio
le deleghe di Fitto
a Palazzo Chigi
Tajani vuole che la premier prenda atto dei risultati elettorali, che hanno visto FI superare stabilmente la Lega. Il ministro degli Esteri invoca un riequilibrio, che non vuol dire rimpasto e ministri ma (per ora) «compensazioni» nella manovra. Salvini non resta a guardare. Il primo punto cruciale per la Lega è l’aggiornamento della flat tax, la «tassa piatta» al 15%. Il segretario sollecita un solenne impegno politico a includere la questione nel Documento di economia e finanza pubblica (Def) di aprile. Quello che nelle intenzioni leghiste dovrebbe invece finire in manovra da subito è l’innalzamento a 50 mila euro del tetto che oggi è a 20 mila euro per avere diritto alla flat tax disponendo di redditi diversi. Il secondo punto cruciale per Salvini è una nuova rottamazione, simile al saldo e stralcio del 2018. Allora era riservato ai redditi Isee fino a 20mila euro, adesso la Lega chiede che si salga a 30mila.
L’altra bandiera del Carroccio è mantenere a 70 euro il canone Rai anche per il prossimo anno. È stato un elemento di frizione al vertice, perché per Forza Italia rinnovare lo sconto di 20 euro è fumo negli occhi. Ma tra i leghisti c’è chi esulta e dice che il «taglio del canone ci sarà». La prova del nove si avrà oggi al Senato dove si avvia la discussione sul decreto fiscale che contiene la norma. Al ministero dell’Economia gli umori rispetto al taglio del secondo scaglione Irpef al 33%, chiesto con energia da Forza Italia, non sembrano dei migliori: «Servono due miliardi e mezzo. Ci sono? Se no, si rispondono da soli». Anche FdI ha presentato un emendamento delicato. Per sveltire l’attuazione del Pnrr, si chiede di non applicare alle assunzioni legate al Piano nel pubblico impiego il limite del 20% dei contratti a termine. Per Salvini infine sta diventando «di vita o di morte», come dicono i suoi, il tema delle regionali 2025 in Veneto. Ma pare che ieri non se ne sia parlato.