JENA
Le mosse francesi agitano il governo. Un piano per unire Siena e Milano
X factor
gianluca paolucci
Forse aveva ragione chi, come Andrea Orcel, sosteneva che Crédit Agricole avesse messo nel mirino il Banco Bpm. O più probabilmente è stata proprio l’offerta di Unicredit sull’istituto guidato da Giuseppe Castagna a spingere il gruppo francese a muoversi per poter mettersi al tavolo della trattative da una posizione di maggior forza. Intanto, l’annuncio di ieri sera ha causato un piccolo terremoto tra i palazzi della politica romana e quelli della finanza milanese.
Nell’area della maggioranza di governo, dove la fiducia sulle intenzioni dei francesi è piuttosto scarsa, c’è una certa preoccupazione. L’annuncio di Unicredit del 25 novembre ha messo in discussione il piano governativo di un Monte dei Paschi destinato a essere la spalla del terzo polo bancario da costruire attorno a Banco Bpm, con Caltagirone e Delfin chiamati a equilibrare, dal punto di vista politico, un assetto che rischiava di essere troppo sbilanciato sul versante leghista. Dopo l’offerta di Unicredit sul Banco, proprio dall’area leghista si erano levate le voci più scomposte contro l’operazione: dalla minaccia del Golden power – Unicredit è ancora una banca italiana – fino all’attacco a Bankitalia. Creando l’ennesimo disallineamento nella maggioranza con chi, come Forza Italia, ha una posizione più laica sull’argomento. Ecco, come primo effetto, si può dire che la salita nel capitale di piazza Meda da parte dei francesi dell’Agricole ha reso attuale il tema del Golden power quando prima non lo era affatto. Anche se la banca francese ha detto subito di non essere intenzionata a lanciare un’Opa e comunque ha informato preventivamente il Mef delle sue intenzioni.
Più importante delle dichiarazioni pubbliche è quanto avvenuto in queste settimane, dal 25 novembre a oggi, lontano dai microfoni. La mossa di Unicredit vieta a Bpm di intraprendere tutta una serie di operazioni straordinarie, in virtù della «passivity rule». Come ad esempio lanciare a sua volta un’Opa, che renderebbe la banca più grande e quindi l’operazione più dispendiosa. Qualcuno ha pensato anche di mettere mano alla norma sulla passivity rule, ma è bastato che il Financial Times pubblicasse l’indiscrezione per costringere il Mef a una secca smentita. Più concreto invece il piano recapitato al Mef stesso da alcune banche d’affari: a lanciare l’Opa su Banco Bpm potrebbe essere Mps. Un’offerta anche in questo caso in sole azioni, con un premio allettante. Mps non è soggetta alla passivity rule e il terzo polo sarebbe salvo. Il Tesoro si diluirebbe ulteriormente, per la soddisfazione di Bruxelles. La presenza dei soci italiani garantirebbe uno zoccolo duro di azionisti che darebbe stabilità alla governance e tutti potrebbero essere contenti. Il piano, secondo quanto ricostruito, al momento è fermo sulle scrivanie dei tecnici del ministero. Anche perché prima c’è da ottenere il timbro dell’Unione europea sul rispetto degli impegni presi dallo Stato al momento dell’intervento su Mps, nel 2017. Chissà che l’attivismo francese non lo renda più attuale.
Va detto che nell’ambiente finanziario nessuno crede che Orcel si tirerà indietro. «Più che una questione di prezzo, è una questione di tempo», dice un banker. Il rilancio dell’offerta arriverà, le incertezze sull’Opa lanciata da Bpm su Anima (il cui titolo è ancora abbondantemente sopra il prezzo dell’offerta) rischiano di sgonfiare il prezzo del Banco e rendere di per sé più vantaggiosa l’offerta di Orcel e soci capaci di reggere a un’offerta vantaggiosa tra quelli del Banco non se ne vedono. A cominciare proprio dai francesi, il cui obiettivo dichiarato è quello di difendere il proprio investimento. Chiaro, ma quale? Quello nel capitale del Banco, che si è apprezzato di circa il 100% dalla primavera del 2023, quando l’Agricole è salito a sorpresa al 10%, e dunque si è già difeso benissimo da solo? Quello nella joint venture nel credito al consumo di Agos, o nelle polizze assicurative vendute agli sportelli del Banco? O forse quello con Unicredit, che distruibuisce ai suoi clienti i fondi di Amundi, controllata di Agricole e che scade nel 2027? Un po’ tutti, certamente. Tradotto, forte del suo 15% può mettersi al tavolo e negoziare Orcel, che prima di Natale dovrebbe vedere il numero uno della banca francese, Philippe Brassac. Anche la permanenza dei suoi prodotti in una rete più grande come quella che nascerebbe in caso di fusione tra Unicredit e Banco, ad esempio.
L’ad Lovaglio interviene sul futuro dell’istituto: bene l’ingresso di nuovi soci importanti
“Il marchio Mps non scomparirà le unioni tra gruppi sono inevitabili”
Le aggregazioni
pino di blasio
«I tempi difficili sono passati, il Monte è in una fase molto positiva e ha oggi davanti a sé tante opportunità. Gli auspici sono un elemento positivo, ma devi comunque lavorare sodo per trasformarli in realtà». Così Luigi Lovaglio in una lunga intervista a Canale3 Toscana. «La qualità dei ricavi è l’elemento da enfatizzare – ha evidenziato Lovaglio parlando del bilancio del terzo trimestre -. Soprattutto la crescita delle commissioni, che rappresentano il frutto del lavoro delle persone nelle filiali del Monte, il vero motore del nostro rinascimento. È altrettanto chiaro che essere la banca con la solidità patrimoniale migliore in Europa ci dice anche che il lavoro fatto è stato di altissima qualità e ha creato valore». Presentando i conti l’8 novembre, l’ad aveva preconizzato agli analisti che . Cinque giorni dopo la vendita del 15% a Banco Bpm (5%), Anima (4%), Caltagirone (3,5 poi salito al 5%) e Delfin, la holding guidata da Milleri (il restante 3,5%). «Era prevedibile che il Mef dovesse vendere un altro pacchetto di azioni – ha risposto Lovaglio – e anche l’ultima operazione è una conferma di quanto di buono è stato fatto. Difficile trovare un’offerta di mercato che si concluda con un premio sul prezzo, del 5%. Il Mef ha poi deciso di aumentare la vendita dal 7 al 15% per una richiesta forte di azioni. Il fatto che due imprenditori di successo, che vantano partecipazioni finanziarie prestigiose, abbiano comprato azioni del Monte dei Paschi è un’ulteriore conferma del valore della banca. Chiaro che anche le partecipazioni acquisite da Banco Bpm e da Anima, nostro partner sul risparmio gestito, sono prove della qualità del lavoro fatto. L’ho riassunto in una lettera inviata ai dipendenti del Monte: sono tutti riconoscimenti alla loro unicità». Più che un ritorno degli azionisti di un tempo, per l’ad Lovaglio la nuova governance può essere letta come una poesia della poetessa polacca, premio Nobel, Wislawa Szymborska, ‘Nulla due volte’. . Sull’offerta pubblica di scambio lanciata da UniCredit su Banco Bpm e le reazioni possibili, Lovaglio risponde allargando l’orizzonte. «Ho detto tante volte che è solo una questione di tempo, ma il processo di consolidamento del sistema bancario è inevitabile e necessario. La dimensione conta per finanziare meglio l’economia, proteggere meglio il risparmio dei nostri clienti, investire in buone azioni per servirli meglio. La vera differenza è la logica che spinge verso questo consolidamento: deve avere al centro il cliente». Luigi Lovaglio è l’unico amministratore delegato che ha come bussola la banca commerciale chiara e semplice, molti suoi ‘colleghi’ guardano più agli azionisti che ai correntisti. «Basterebbe usare solo la parola ‘banca’, senza aggettivi – è la sua filosofia e quella del piano industriale -. Noi dipendiamo dai nostri clienti che ci forniscono la materia prima, per poterla trasformarla in progetti in base alla nostra abilità. Se non hai la materia prima non puoi far crescere l’economia». L’ultima domanda è sul futuro del Monte dei Paschi, protagonista cruciale dell’economia dell’Italia di mezzo, delle cinque regioni nel cuore del Paese. «Dobbiamo lavorare tutti affinché l’Italia mantenga la sua forza produttiva. Il Monte dei Paschi storicamente investe sulla Dop Economy, sui prodotti agroalimentari d’eccellenza. Abbiamo aperto 21 centri dedicati all’Agrifood, arriveremo a quasi 50. Come immagino il futuro della banca? Il brand Monte dei Paschi durerà ancora per tantissimi anni, è nelle condizioni per preservare il suo patrimonio, non ci sono confini per la capacità operativa di questa grande banca. Il Monte ha un brand dal valore inestimabile. Nessuno sarebbe così pazzo da perdere questo valore».