Attila Kiss. Un nome piuttosto diffuso in Ungheria, suo Paese natale. Ma in italiano nome e cognome del ceo di Gruppo Florence, oggi tra i principali fornitori di prodotti finiti alle più famose griffe mondiali della moda, sono quasi un ossimoro, e non occorre spiegare perché. Eppure nel suo caso un latino direbbe: in nomen omen. Perché a ben vedere proprio questo insolito connubio di determinazione (Attila era anzitutto un condottiero), conditio sine qua non se si vogliono aggregare 30 aziende in soli tre anni, e coinvolgimento ha permesso di creare un gruppo che punta dritto a quota 700 milioni di euro di ricavi entro fine 2023. Un grande traguardo se si pensa che tutto è partito da un fatturato di circa 100 milioni di euro nel 2020, somma dei ricavi delle prime tre aziende che si sono unite in questa avventura (Giuntini, Ciemmeci e Mely’s Maglieria). A fine 2022 si era già arrivati a 552 milioni pro-forma, considerando l’ultima serie di acquisizioni dello scorso anno. Numeri grazie ai quali il cambio di controllo, dalla triade VAM Investments-Fondo Italiano d’Investimento sgr-Italmobiliare a Permira, è avvenuto a una valutazione prossima al miliardo di euro (si veda altro articolo di BeBeez). E lo shopping è continuato subito, pochi giorni dopo l’annuncio del passaggio del testimone, con l’acquisizione di pochi giorni dall’annuncio del cambio di testimone con l’acquisizione di tre nuove aziende e la contestuale apertura della divisione pelletteria (si veda altro articolo di BeBeez).
Insomma, più che di una crescita, si è trattato di un’esplosione, che non ha mancato di sollevare qualche perplessità circa il fatto che l’integrazione di tutte queste aziende possa essere condotto in maniera efficiente ed efficace, anche in alcuni investitori di private equity con alle spalle diversi progetti di buy and build. Ma Kiss ha replicato a BeBeez Magazine, che il segreto sta nel fatto che “tutti gli imprenditori coinvolti sono ora interessati all’andamento dell’intero gruppo, pur restando alla guida operativa del suo business originale”. Più nel dettaglio, sono state previste “forme di incentivazione legate non solo ai risultati dell’impresa da ciascuno guidata ma anche al contributo che essi danno alle altre componenti del gruppo”.
Domanda. Gruppo Florence ha aggregato poco meno di 30 aziende e con queste altrettanti imprenditori che hanno mantenuto le rispettive funzioni operative. Come potete essere sicuri che tutti si muovano in perfetta sintonia con il gruppo e non diano priorità ai rispettivi business?
Risposta. Perché ciò si verifichi occorre che la struttura societaria e la governance del gruppo sia coerente con la strategia industriale che vorremmo perseguire: noi cerchiamo una collaborazione tra imprenditori, perciò loro investono nell’intero gruppo. Il singolo imprenditore cede il 100% della società reinvestendo a livello della holding, e pur restando alla guida operativa del suo business originale, diventa interessato all’andamento dell’intero gruppo. Se ha deciso in tal senso è perché condivide in pieno la filosofia e strategia di Gruppo Florence.
D. Questo anche se le decisioni del gruppo in un dato momento avvantaggiano alcune controllate ma hanno una ricaduta marginale sulla sua azienda?
R. Certo, perché in quanto azionista del gruppo è interessato a qualsiasi decisione possa portare al rafforzamento dello stesso. Non va inoltre trascurato l’effetto positivo sull’organizzazione generale del gruppo del rafforzamento di alcune controllate in date aree.
D. In termini più espliciti?
R. Premesso che l’aumento della massa critica in generale porta comunque vantaggi, non tutte le nostre controllate erano strutturate con uffici preposti alla sostenibilità, la digitalizzazione, o la formazione. Ci sono quindi alcune di esse che sono diventate capofila nei progetti di rafforzamento del gruppo in aree dove erano già più avanti, come Antica Valserchio sui progetti di riciclo, oppure Giuntini sull’applicazione delle tecnologie 3D. Ci sono stati anche casi in cui alcune controllate ne hanno aiutate altre su particolari aspetti della gestione o la capacità produttiva. Ciò è particolarmente importante adesso, visto che stiamo ampliando nove dei nostri stabilimenti.
D. Quanto investirete?
R. Nel 2023 stiamo investendo circa 21 milioni di euro in macchinari, tecnologia, e digitalizzazione.
D. Qual è la percentuale del gruppo in cui reinvestono gli imprenditori che hanno venduto?
R. Mediamente il 35% del valore di cessione. Di conseguenza il loro peso aggregato, a prescindere dal numero di acquisizioni, si mantiene a quel livello.
D. Alla cessione il venditore riceve, per quel 35%, azioni del gruppo di nuova emissione come avviene in altri progetti buy and build?
R. No, non c’è un carta contro carta. Si tratta di due operazioni cash separate.
D. C’è chi ha osservato che un numero così rilevante di aggregazioni comporta il rischio, soprattutto per le più recenti, che chi sale a bordo sia tentato dal cosiddetto free riding, ovvero dal vogare meno intensamente degli altri, tanto in un gruppo così grande l’effetto sarebbe quasi impercettibile. Lei cosa risponde?
R. Abbiamo previsto per gli imprenditori, oggi capi azienda, forme di incentivazione sia a breve che a lungo termine, legate non solo ai risultati dell’impresa da ciascuno guidata ma anche al contributo che essi danno alle altre componenti del gruppo. Detto questo, c’è anche una notevole componente di orgoglio personale. Oggi sono manager, ma nell’animo rimangono sempre degli imprenditori, abituati a spingere sui pedali.
D. Quindi c’è anche un aspetto culturale. Tuttavia il nucleo iniziale di gruppo Florence era in Toscana, mentre.oggi sono presenti realtà di nove regioni diverse. Non c’è il rischio di un’eccessiva diversità proprio nelle culture aziendali?
R. La capacità di lavorare insieme è il primo criterio che utilizziamo quando con un nuovo imprenditore ci scegliamo reciprocamente. La condivisione e collaborazione sono state sin dall’inizio fondamentali, quando siamo partiti con tre realtà che seppur tutte toscane, delle province di Firenze, Arezzo e Pisa, erano molto diverse tra loro.
D. In diverse delle vostre controllate la maggioranza del fatturato fa capo a un solo cliente . Non c’è il rischio che quest’ultimo, entrando l’azienda in un grande gruppo, possa pensare di ricevere meno attenzione, inducendolo a rivolgersi ad altri fornitori?
R. Il cliente vuole essere il più importante e ricevere il migliore servizio, ma non vuole essere l’unico, perché quello è un rischio di dipendenza anche per lui. Questo rischio si è molto ridotto nel tempo, perché proprio l’aggregazione ha portato alle controllate nuovi clienti che hanno contribuito a bilanciare il peso del primo cliente. Se questo in alcuni casi era il 60-80%, oggi magari è il 40%, quindi rimane molto rilevante, senza correre rischi.
D. Ora il controllo del gruppo è passato a Permira. Qualcuno ha osservato che un investitore globale, con portafogli da miliardi di euro e di dollari da gestire nei cinque continenti, non può avere un peso sulla gestione e la strategia paragonabile ai precedenti azionisti di controllo, cioè VAM Investments, Fondo Italiano d’Investimento sgr e Italmobiliare, tenendo quindi un atteggiamento più passivo. Ciò la preoccupa?
R. Premesso che VAM Investments e FII sgr sono rimasti nel capitale, dando continuità al percorso di crescita iniziato proprio con loro, Permira stessa dispone di un forte team italiano, con cultura locale, che ha dimostrato una profonda convinzione nel nostro modello di business e un importante track record in questo settore. Proprio il forte interesse di Permira e la loro esperienza settoriale ha consentito loro Infatti di essere veloci e convincenti nel bruciare la concorrenza ed anche posticipare nel tempo i nostri obiettivi di quotazione in borsa. D’altronde, con un partner del genere, ci sentiamo tutti ancora più sicuri di poter realizzare i nostri progetti industriali.
D. Con l’arrivo di Permira avvierete anche uno shopping all’estero?
R. Il nostro focus rimane il made in Italy, anche se non escludiamo la possibilità in futuro di guardare a qualche eccellenza fuori dai confini nazionali, in alcune filiere che conosciamo bene come ad esempio il jersey, dove ora stiamo analizzando alcune realtà.
D. Quali sono i vostri obiettivi nel breve medio periodo in termini di fatturato? Quante aziende prevedete di acquisire ancora?
R. Non abbiamo un numero definito di aziende da aggregare o fatturato da raggiungere, ma posso dire che con l’attuale perimetro potremmo superare i 700 milioni di fatturato e nei settori di pelletteria e calzatura ci piacerebbe accogliere ulteriori imprenditori desiderosi di lavorare in squadra.