Il governo non dà prescrizioni sull’operazione lanciata sull’istituto di piazzetta Cuccia. Giovedì ci sarà l’assemblea dei soci a Siena
di GIOVANNI PONS
Via libera dal governo all’offerta pubblica di scambio del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca. A tempo di record palazzo Chigi ha deciso di non esercitare i poteri stabiliti dalla legge sul Golden power nell’operazione che la banca guidata da Luigi Lovaglio ha annunciato lo scorso gennaio e che prevede di scambiare azioni Mps con azioni Mediobanca. La decisione è stata presa dalla presidenza del Consiglio dei ministri su proposta del Mef.
Un via libera scontato nel senso che nell’azionariato di Mps è ancora presente il Tesoro con l’11,7% del capitale e non si intravvedono problemi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico in una acquisizione di una banca italiana su un’altra banca italiana. Lo stesso ragionamento non è stato fatto per l’altra operazione in corso, l’Ops di Unicredit sul Banco Bpm, per la quale il governo ha invece allungato i tempi almeno di un mese, al 30 aprile, per esaminare da vicino tutte le implicazioni dell’operazione. Unicredit è una public company in cui fondi americani hanno le quote di maggior peso e la banca guidata da Andrea Orcel ha già preannunciato la volontà di acquisire anche Commerzbank in Germania e di voler uscire dalla Russia anche se ciò non è stato ancora fatto.
Sulla spinta del via libera governativo, e in una giornata in cui i mercati hanno scontato in positivo l’esenzione dai dazi annunciata da Trump per le società del tech, il titolo Mps ha puntato al rialzo mettendo a segno a fine giornata un guadagno del 4,81% fino a 6,48 euro. Mediobanca dal canto suo è risalita del 4,75% fino a 15,21 euro per cui lo sconto implicito dell’Ops è ora contenuto al 2%, valore che poideve essere corretto con lo stacco dei dividendi.
La spinta concreta del governo si sentirà anche giovedì quando il Monte riunirà i soci in assemblea per farsi approvare l’aumento di capitale in azioni proprie da scambiare con quelle di Mediobanca. La delibera da prendere dovrà raccogliere il consenso di almeno il 66,6% del capitale che sarà presente in assemblea e che si prevede sia compreso tra il 70 e il 75%. L’operazione lanciata dall’ad Luigi Lovaglio vede già schierati dalla sua parte il Tesoro (11,7%), la Delfin della famiglia Del Vecchio (9,8%) e Francesco Gaetano Caltagirone che ha arrotondato la sua partecipazione in prossimità del 9%. Oggi un cda di Banco Bpm deciderà come indirizzare il voto del proprio 5% a cui si aggiunge un altro 4% di Anima Sgr di cui il Banco ha ormai il 90% dopo la chiusura dell’Opa. L’esito finale dell’assemblea sarà comunque in mano ai fondi di investimento alcuni dei quali hanno già dichiarato le loro scelte. Pimco (1,5%) e Algebris voteranno a favore, così come Norges (2,6%), mentre il fondo New York City Comptroller si è detto contrario all’aumento, così come Florida State Board of Administration, il fondo Calvert e il fondo canadese Cpp Investments tutti conquote molto piccole.