In mostra 24 scatti con i commenti di alcuni protagonisti dell’arte e della cultura “Ha raccontato l’evoluzione del Paese”
dibarbara gabbrielliL a più iconica è “ Venezia 1960. Sul vaporetto”. Gianni Berengo Gardin, che il prossimo ottobre compirà 95 anni, l’ha scattata in un giorno fortunato. All’epoca abitava al Lido e faceva avanti e indietro con il traghetto. Quella volta lì, ferma dietro la porta a vetri c’era una persona con un abito nero che, grazie a un casuale gioco di luce, ha fatto da specchio, riflettendo quello che il fotografo aveva alle sue spalle: un uomo intento a leggere il suo giornale. L’effetto di una doppia immagine è unico. Se l’abito fosse stato bianco, lo scatto avrebbe immortalato un banale interno affollato. E invece, il risultato è « una fotografia che nella nebbia, con un sapiente gioco di specchi, cerca di catturare un raggio di sole » . Così scrive l’artista Mimmo Paladino in una lunga didascalia che inizia con «Caro Gianni». La si può leggere per intero visitando la mostra “Gianni Berengo Gardin. Le foto commentate”, che si è appena inaugurata al Centro Studi Espositivo Santa Maria Maddalena di Volterra e che resterà visibile fino al 30 settembre.
Un’esposizione, prodotta da Opera Laboratori in collaborazione con Contrasto, per la quale è stata fatta un’operazione inedita. Le 24 fotografie del grande maestro ligure del bianco e nero sono state infatti scelte dal suo immenso corpus fotografico e poi commentate da altrettanti protagonisti dell’arte e della cultura: amici, intellettuali, colleghi, artisti, giornalisti, registi, architetti. «Mio padre è un uomo di poche parole, che non ama parlare molto del proprio lavoro. Ma questa mostra, così diversa dalle altre, fatte solo di immagini e brevi didascalie, lo ha meravigliato e reso felice » racconta Susanna Berengo Gardin, figlia del grande fotografo, responsabile dell’Archivio Gianni Berengo Gardin e co- curatrice dell’esposizione insieme a Suleima Autore. I testi che scorrono accanto alle foto non sono semplici presentazioni. Sono piuttosto commenti, ricordi, impressioni dai quali compaiono squarci di vita e di storia del nostro Paese. Insomma, parole che di fatto amplificano il valore di testimonianza delle immagini di Berengo Gardin. « Sono nata quando lui iniziava a muovere i primi passi come professionista » continua a raccontare la figlia Susanna. « L’ho sempre ammirato molto e oggi che lavoro e rifletto sul suo archivio, capisco quanto la sua opera sia una documentazione fondamentale di come eravamo. Nelle sue foto c’è l’evoluzione del nostro Paese. Luici ha raccontati, a partire dalla metà degli Anni Cinquanta fino ad oggi». Berengo Gardin, nella sua lunga carriera, ha spaziato dalla fotografia di reportage a quella di architettura, collaborando con le principali testate italiane ed estere ( le sue prime foto sono apparse nel 1954 sul Mondo di Mario Pannunzio) e pubblicando più di 260 volumi fotografici ( più altri due che sta preparando, uno antologico e l’altro sull’evoluzione del mondo contadino, sua grande passione). Ha lavorato per l’Istituto Geografico De Agostini di Novara e per l’industria (Olivetti, Alfa Romeo, Fiat, IBM, Italsider, ecc.). Riconoscimenti internazionali, premi e oltre 360 mostre personali in Italia e all’estero che hanno sancito la sua grandezza. Una vita, quella di Berengo Gardin, che è stata caratterizzata anche da molti incontri, come dimostra questa mostra. A partire da quello con Renzo Piano, di cui il fotografo ha documentato il lavoro dal 1979 al 2012. L’archistar ha voluto commentare una foto del cantiere dell’aeroporto di Osaka del 1993 per raccontare l’amico: « Gianni stava immobile con il dito sul pulsante della sua Leica. Dieci minuti buoni senza muoversi. Come un cacciatore. Poi improvvisamente schiaccia e scatta la fotografia, si gira e mi dice: fatto. E questo è diventato uno dei più memorabili istanti della mia vita di cantiere».
Il pittore Alfredo Pirri ha scelto invece “ Venezia 1959. Piazza San Marco”, dove due ragazzi si baciano al centro del porticato: « Sono fermi, bloccati nel loro tempo, al centro di una galleria al fondo della quale la luce splende come la speranza in un futuro felice » , scrive. La regista Alina Marazzi rivela un episodio personale legato alla foto scattata sul treno Roma- Milano nel 1991. Lei, quel click di Berengo Gardin lo ha sentito in diretta, proprio dietro le sue spalle, dentro quel vagone. Seguono testi di Marco Bellocchio (su un’immagine dell’ospedale psichiatrico di San Salvi a Firenze), Carlo Verdone (attratto da un giocoso interno napoletano), Jannis Kounellis, Goffredo Fofi, Domenico De Masi, ma anche dei colleghi fotografi come Ferdinando Scianna, Sebastião Salgado e Luca Nizzoli Toetti. Non mancano gli scrittori come Maurizio Maggiani e Roberto Cotroneo, e i giornalisti come Mario Calabresi e Michele Smargiassi. E ancora Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe di Basaglia, Marco Magnifico, presidente del FAI e della street artist Alice Pasquini. La mostra rimane aperta tutti giorni, ore 10-18 (0577 286300; www.animadivolterra.it).