Fu vera asta quella che il ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti allestì il 13 novembre scorso per vendere il 15 per cento del Monte dei Paschi? Oppure l’operazione coordinata da Banca Akros è stata solo una messa in scena per mascherare la cessione a tre acquirenti graditi al governo, cioè Francesco Gaetano Caltagirone, la holding Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio e il gruppo Banco Bpm-Anima?
Sono questi in sostanza gli interrogativi a cui sta tentando di dare una risposta l’indagine della procura di Milano, in corso ormai da mesi. Sulla base di quanto emerso da fonti coinvolte nell’operazione, Domani ha ricostruito una serie di circostanze anomale, differenti dalla normale prassi di mercato, che hanno caratterizzato quello che il governo ha presentato come un accelerated bookbuilding (abb), ovvero una particolare procedura che permette di vendere a un gruppo più o meno ampio di investitori le azioni di una società quotata.
Il prezzo
Punto primo. Il prezzo di aggiudicazione delle abb è di solito inferiore al prezzo di Borsa dei titoli oggetto dell’asta. Del resto, logica vuole che un acquirente ottenga uno sconto dal venditore se si impegna a comprare grossi quantitativi di azioni, per di più in tempi brevissimi (uno-due giorni).
E infatti, nelle prime due abb organizzate dal Tesoro su Mps (novembre 2023 e marzo 2024), i titoli Mps erano stati ceduti a valori inferiori alla quotazione corrente. A novembre 2024, invece, Caltagirone, Delfin e Banco Bpm-Anima comprano a 5,792 per azione, all’incirca il 5 per cento in più rispetto al prezzo di Borsa di quel giorno, pari a 5,52 euro.
La procedura
Punto secondo. La procedura di abb prevede che una o più istituzioni finanziarie vengano incaricate di gestire le varie fasi del collocamento fissando, tra l’altro, un prezzo minimo di vendita, il cosiddetto “backstop price”.
Se la vendita avviene con un incasso superiore al backstop price, parte della differenza viene girata ai collocatori e il resto al venditore, cioè, nel caso di Mps, al ministero dell’Economia. A novembre, come noto, il Mef diede l’incarico di gestire l’abb a Banca Akros, istituto controllato da Banco Bpm, uno dei vincitori dell’asta.
Un particolare, quest’ultimo, piuttosto insolito, per usare un eufemismo, che ovviamente non è passato inosservato tra gli operatori di mercato e anche agli occhi di chi indaga sull’asta di Stato. E se Banca Akros ha fissato un backstop price, come da prassi, possibile che abbia individuato un valore superiore a quello corrente in Borsa anche se di solito il collocamento avviene a sconto rispetto alla quotazione di mercato?
Compenso anomalo
Punto terzo. Nel bilancio 2024 della banca d’affari controllata da Banco Bpm le commissioni sono raddoppiate da 11 a 21 milioni grazie anche, si legge nella relazione sulla gestione, al compenso ricevuto da Tesoro per l’abb sul 15 per cento di Mps. Anche in questo caso però va registrata un’anomalia rispetto alla prassi consolidata.
Risulta a Domani, infatti, che nella precedente asta, quella di marzo, le banche collocatrici non abbiano incassato commissioni. In casi come questi, infatti, il compenso per gli istituti di credito consiste nel fatto di consolidare i rapporti con un cliente come il Tesoro, in grado di affidare incarichi ben più remunerativi.
I rischi
Punto quarto. Le banche collocatrici in genere si impegnano ad assorbire i titoli che eventualmente non vengono piazzati sul mercato. Anche per questo motivo in genere l’incarico viene affidato a due o più istituti di credito, che così si spartiscono il rischio. Nel caso dell’abb di novembre 2024, invece, il Mef si è affidato a Banca Akros per un’operazione del valore di 1,1 miliardi di euro.
L’interrogativo che circola tra gli operatori di mercato è il seguente: come è possibile che la sola Banca Akros abbia da sola potuto assumersi il rischio di garantire la buona riuscita del collocamento? Va ricordato che la banca d’affari controllata da Banco Bpm ha dimensioni di gran lunga più ridotte rispetto alle istituzioni internazionali che hanno gestito i due precedenti abb, colossi come Ubs, Bank of America, Citigroup.
Le indagini
Anche su questi dati di fatto si concentrano le indagini avviate dalla Guardia di Finanza su incarico della procura di Milano. Se si dovesse arrivare a provare che le regole sono state violate, l’autorità di mercato, cioè la Consob, potrebbe contestare al Tesoro e agli acquirenti di aver agito in concerto tra loro, e a danno degli altri azionisti, per assicurarsi il controllo di Mps.
I risultati dell’inchiesta penale potrebbero inoltre avere importanti ricadute sul fonte europeo. La Commissione di Bruxelles aveva infatti imposto al governo di Roma una serie di condizioni per dare via libera al salvataggio di Mps con i soldi dello stato.
Le prescrizioni dell’Ue comprendono anche l’obbligo di ridurre entro la fine del 2024 la quota pubblica sotto la soglia del 20 per cento. Con l’operazione del novembre 2024 la partecipazione dello Stato era appunto scesa dal 26 all’11 per cento circa. La vendita – recita la regola Ue – deve essere realizzata tramite una procedura «trasparente, aperta e competitiva».
Queste sono appunto le caratteristiche dell’accelerated bookbuilding. Se invece venisse provato che la cessione è stata realizzata in modo diverso, allora Bruxelles potrebbe chiedere conto all’Italia della violazione. Particolare importante: in base alle regole notificate a Roma dalla Commissione, Mps avrebbe potuto concludere nuove acquisizioni solo quando lo stato avesse ridotto la sua partecipazione al di sotto del 20 per cento. Non a caso, l’ops della banca senese su Mediobanca è stata annunciata solo due mesi dopo l’asta ora sotto inchiesta.