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Monte dei Paschi è vicino al lancio dell’offerta pubblica di scambio su Mediobanca. Dopo mesi di preparazione, è arrivato il primo via libera dalla Banca centrale europea: un’approvazione scritta del consiglio di vigilanza, in attesa della ratifica formale da parte del direttivo. Un passaggio tecnico, ma necessario, che apre la strada al deposito del prospetto informativo in Consob.
L’operazione, tutta in azioni, prevede uno scambio di 2,3 titoli Mps per ogni azione Mediobanca. L’intenzione è quella di dar vita a un nuovo soggetto bancario, unendo il tradizionale radicamento territoriale del Monte alla presenza nel risparmio gestito e nei servizi finanziari avanzati di Piazzetta Cuccia.
Il calendario è serrato. Se i passaggi autorizzativi si concluderanno senza ritardi, l’offerta potrebbe essere lanciata tra il 7 e l’8 luglio e restare aperta per circa cinque settimane. Resta da definire la soglia minima di adesione: l’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio, punta ufficialmente al 66,7% per ottenere pieno controllo e sfruttare vantaggi fiscali e industriali. Ma l’autorizzazione della BCE consente di partire anche con quote più basse, intorno o sotto il 51%, lasciando aperta la possibilità di salire gradualmente nel capitale.
I mercati hanno reagito con un certo ottimismo: il titolo Mps è salito del 7%, Mediobanca del 4,2%. Lo scarto tra il valore dell’offerta e il prezzo di Borsa di Mediobanca si è ridotto, ma resta significativo. Alcuni investitori si aspettano un miglioramento dei termini, magari con una parte in contanti.
Tuttavia, l’operazione si muove in un contesto complesso, anche sul piano giudiziario. La Procura di Milano, la Consob e ora anche la Commissione europea stanno indagando sulla vendita del 15% di Mps da parte del Tesoro a tre soggetti considerati vicini al governo: Delfin, Caltagirone e Banco Bpm-Anima. Diversi investitori istituzionali, tra cui Unicredit, Norges e BlackRock, sostengono di essere stati esclusi da quell’asta rapida.
Banca Akros, che ha gestito la transazione, ha smentito ogni irregolarità, ma le verifiche sono ancora in corso. Un’eventuale conferma delle accuse potrebbe influenzare la struttura proprietaria di Mps, se non direttamente l’Ops in corso.
A oggi, il gruppo senese conta su una base di azionisti che detiene circa il 30% di Mediobanca, a cui potrebbero aggiungersi nuovi alleati. Ma l’esito dell’offerta è tutt’altro che scontato. Il successo dipenderà non solo dall’andamento del mercato, ma anche dalla capacità di Mps di convincere gli azionisti di Mediobanca sul piano industriale, sui benefici reali della fusione e sul prezzo offerto.
In questo passaggio, più che l’entusiasmo, serve cautela. La partita è aperta, e i margini di manovra – così come i rischi – restano significativi.