
Mediobanca vola in Borsa: +4,6% in attesa di novità sull’acquisto di Banca Generali
5 Agosto 2025
Gaza sotto controllo: il nuovo piano israeliano tra occupazione e resistenza
5 Agosto 2025Crisi del vino italiano: tra dazi, sovrapproduzione e consumi in calo. Una filiera a rischio cerca risposte
Il vino italiano, da sempre fiore all’occhiello del Made in Italy, si trova oggi ad affrontare una delle crisi più complesse della sua storia. Il comparto è sotto pressione: dazi americani, crollo dei consumi, concorrenza internazionale aggressiva e scorte ai massimi storici minacciano la tenuta economica e culturale di un settore strategico per l’identità e l’economia nazionale.
Il governo, però, non intende restare a guardare. «Questa partita comincia adesso» ha dichiarato la premier Giorgia Meloni, intervenendo a sorpresa al tavolo della filiera del vino riunito a Palazzo Chigi. Un gesto accolto positivamente dagli operatori del settore, come segnale di attenzione concreta da parte delle istituzioni.
La posta in gioco è alta: evitare che i nuovi dazi statunitensi – fino al 15% – colpiscano prosecco, barolo, brunello e le principali eccellenze italiane, mentre concorrenti come Australia, Cile e Argentina godono di tariffe più favorevoli (intorno al 10%). Meloni si dice convinta che, su filiere strategiche, si possa ancora negoziare con gli alleati americani, puntando sull’unicità dei prodotti italiani e sulla loro insostituibilità.
Ma i dazi non sono che la punta dell’iceberg. Il settore vitivinicolo sta attraversando una crisi strutturale che va oltre le dinamiche commerciali. Le cantine italiane registrano scorte record: oltre 46 milioni di ettolitri invenduti. Una sovrapproduzione che schiaccia i prezzi, blocca gli investimenti, deprime la qualità. Come ha spiegato il segretario generale dell’Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti, «il vino sconta una carenza di mercato sempre più evidente». La soluzione? «Produrre meno, anche bloccando temporaneamente le nuove autorizzazioni per i vigneti, per garantire la giusta remunerazione alla filiera».
Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, parla senza mezzi termini di un «momento spartiacque» per il futuro del vino italiano. Le proposte sono chiare: avviare la distillazione straordinaria per ridurre le giacenze; rafforzare i fondi per l’internazionalizzazione; sostenere gli investimenti in sostenibilità ambientale; introdurre una moratoria sui finanziamenti per le aziende in difficoltà. Misure rapide, straordinarie, coordinate.
Serve anche un cambio di passo nella comunicazione. Sempre più spesso, all’estero, il vino viene assimilato ad altre sostanze nocive. Un effetto collaterale delle campagne salutiste che rischia di travolgere anche le produzioni di qualità. Federvini chiede una controffensiva culturale: una comunicazione strutturata, coerente e scientificamente fondata per contrastare le spinte proibizioniste e difendere il valore sociale, storico e alimentare del vino.
Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha garantito il sostegno del governo, ricordando che l’Italia è ancora il primo produttore mondiale di vino, con un export che nel 2024 ha toccato i 8,1 miliardi di euro. Ma ha anche riconosciuto che non sarà facile. Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, e il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, hanno condiviso la necessità di una risposta articolata, che metta in sinergia promozione, tutela della salute e sostegno all’impresa.
Le parole più nette le ha pronunciate Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi: «Finché non ci mettiamo in testa di produrre meno, saremo sempre nei guai. E non bastano aiuti e sovvenzioni».
Il rischio è che una crisi congiunturale si trasformi in una crisi permanente, strutturale. E che uno dei simboli più potenti dell’Italia – il vino, con il suo carico di storia, cultura e lavoro – venga travolto da logiche di mercato che non fanno sconti. Per evitarlo, serve oggi un’azione decisa, condivisa, lungimirante. E soprattutto il coraggio di cambiare rotta.