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“I sentieri del Sacro” lascia parlare i volti e le mani di chi prega “Pietre viventi” racconta l’Europa romanica “Io, Frate Francesco” anticipa l’800° del santo
Non è il sacro in senso stretto ma è la realtà dell’umano che guarda al sacro il focus dell’obiettivo di alcuni grandi fotografi che si sono messi in cammino per narrare l’esperienza del pellegrinaggio. A raccogliere i loro lavori, in occasione dell’anno del Giubileo della Speranza 2025, è la mostra “I sentieri del Sacro. Gesti e rituali di fede nella fotografia contemporanea”, proposta al Meeting di Rimini che si terrà dal 22 al 27 agosto e curata da Micol Forti, direttrice della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani e da Alessandra Mauro, direttrice editoriale di Contrasto.
Un viaggio plurale nel tempo e nello spazio, fra devozione e speranza, illustrato secondo una varietà di tecniche e di linguaggi attraverso le personali sensibilità di autori come Gianni Berengo Gardin, Antonio Biasiucci, Harun Farocki, Giorgia Fiorio, Mimmo Jodice, Mario Giacomelli, Markéta Luskacová, Sebastião Salgado e Ferdinando Scianna. Il loro è uno sguardo discreto che mai s’impone, ma che lascia parlare i volti e le mani di chi prega, di chi in pro-cessione affronta chilometri e fatica, di chi abbraccia la spiritualità nel silenzio o, al contrario, partecipa a scenografiche rappresentazioni popolari.
Si va dalla scelta intima e poetica di Luskacová nel ritrarre un sorriso fugace o la pace del riposo nell’attesa di riprendere il passo, alle potenti suggestioni, anche estetiche, suggerite dalle lunghe file di pellegrini fermate in un istante nei contrasti del bianco e nero di Giacomelli. La narrazione di Salgado incontra invece mondi geograficamente lontani, in cui la religiosità è ancorata all’amore per la terra e l’ambiente. E la natura è innanzitutto un sapere che si fa potente tramite del rapporto col trascendente, così come svelano alcuni scatti di Fiorio. Tradizione, folclore, perfino ostentazione di alcuni riti non soffocano un’autentica religiosità nelle immagini dal taglio antropologico di Jodice, Berengo Gardin e Scianna, che fanno rivivere scene di devozione collettiva nell’Italia di qualche decennio fa. Ci sono poi gli oggetti di Biasiucci che rimandano alla ricerca di un rinnovato significato religioso nella quotidianità e i fotogrammi a colori di Farocki, che esplora con approccio documentaristico i rapporti fra immagini sacre e memoria collettiva.
Il progetto restituisce quindi allo spettatore un mosaico di emozioni, di gesti, di frammenti di commossa umanità, osservata e interpretata lungo un cammino che da evento fuori dall’ordinario diventa posizione sincera di domanda esistenziale a cui affidarsi, giorno per giorno. Fra le altre mostre visitabili durante il Meeting di Rimini di quest’anno spiccano, anche per i contenuti di natura artistica, “Pietre viventi. L’Europa romanica si veste di bellezza”, dedicata alla passione costruttiva sottesa all’arte e all’architettura romanica che si diffusero dall’anno Mille e quella incentrata sulla vita e il Testamento di san Francesco: “Io, Frate Francesco. 800 anni di una grande avventura”. Nel percorso di quest’ultima mostra sarà ammirabile anche un’importante opera di Cimabue che ritrae il santo, una tempera su tavola del 1290, di proprietà del Museo della Porziuncola di Assisi. Di forte impatto scenico anche l’allestimento, con una struttura fatta di teli che ricordano la tunica francescana, mentre accanto al testo si snoda una selezione di immagini di opere di Sidival Fila, frate francescano minore e artista che fonda la sua ricerca artistica sull’impiego di materiali di riuso fra cui tessuti come lino, seta, cotone, canapa e broccati.