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Al vertice di Tianjin dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), la Cina ha mostrato con chiarezza le sue ambizioni: dare forma a un nuovo ordine globale, in cui i Paesi del Sud del mondo abbiano finalmente più voce. Xi Jinping ha invocato un multilateralismo autentico, il superamento delle logiche di potenza e una globalizzazione inclusiva, presentando Pechino come il perno di questo cambiamento.
Accanto a lui c’erano Vladimir Putin e Narendra Modi. Con l’India, Xi ha insistito sul concetto di “partner e non rivali”, mentre Putin ha celebrato il crescente utilizzo delle valute nazionali negli scambi, segnale di un progressivo distacco dal dollaro. Modi, pur invocando la fine della guerra in Ucraina, ha confermato i rapporti stretti con Mosca e Pechino, anche grazie all’acquisto massiccio di energia russa.
La Cina ha messo sul tavolo aiuti miliardari e nuovi strumenti finanziari, a partire dalla proposta di una banca di sviluppo SCO, pensata per dare maggiore autonomia alle economie emergenti. Ma l’offensiva non è solo economica: Xi ha annunciato un centro per la cooperazione sull’intelligenza artificiale, l’adesione al sistema satellitare BeiDou e persino al programma lunare cinese. In questo modo Pechino si propone non solo come hub commerciale e finanziario, ma anche come riferimento scientifico e tecnologico.
In questo scenario, un ruolo inatteso lo ha giocato Donald Trump. I suoi dazi hanno colpito indiscriminatamente anche Paesi alleati, come l’India, spingendoli tra le braccia della Cina. Invece di isolare Pechino, la politica commerciale americana ha favorito un ricompattamento del Sud globale intorno alla SCO. È difficile non leggere, dietro il protagonismo di Xi, un “ringraziamento implicito” all’ex presidente americano: senza le sue mosse, la Cina avrebbe avuto più ostacoli nel proporsi come guida alternativa.
Il vertice di Tianjin ha rafforzato l’immagine della SCO come piattaforma politica ed economica in ascesa. Restano però nodi aperti: la mancanza di una posizione condivisa sulle grandi crisi internazionali, dall’Ucraina a Gaza, e le tensioni latenti tra alcuni membri.
Ma la direzione è chiara: Xi vuole che la Cina diventi la voce del Sud globale, e paradossalmente è stata proprio Washington, con la sua politica di dazi e sanzioni, a spianargli la strada.