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È scontro aperto tra Mediobanca e Monte dei Paschi. Il consiglio di amministrazione di Piazzetta Cuccia ha ribadito il suo no all’offerta pubblica di acquisto e scambio lanciata da Siena: «priva di razionale industriale», «non conveniente per gli azionisti», «a rischio di distruzione di valore».
Il voto non è stato unanime. Sandro Panizza si è schierato a favore, il vicepresidente Sabrina Pucci si è astenuta. Ma la maggioranza ha scelto la linea dura: respingere l’assalto e invitare i soci a non aderire.
Il Monte, però, non arretra. Ha rilanciato aggiungendo 0,9 euro in contanti per ogni azione Mediobanca. E intanto l’offerta ha già raccolto il 38,5% delle adesioni, superando la soglia minima del 35% necessaria per la riuscita dell’operazione.
Il calendario è chiaro: l’8 settembre si chiude la prima fase, poi dal 16 al 22 scatterà la riapertura dei termini. Solo allora si saprà il risultato definitivo.
Gli scenari restano aperti. Con meno del 50% Mps sarà un socio di peso, ma non di controllo. Oltre quella soglia, invece, conquisterebbe la maggioranza e potrebbe imporre la sua strategia. Con il 66% avrebbe mano libera sulle decisioni straordinarie. Sopra il 90% potrebbe addirittura delistare Mediobanca.
Non è solo una questione di percentuali. Mediobanca controlla una quota di Generali ed è da sempre uno snodo del capitalismo italiano. Toccarla significa ridisegnare equilibri che da decenni tengono insieme finanza e industria.
BCE e Consob osservano, il mercato aspetta. Nel frattempo, gli azionisti fanno i conti: indipendenza o integrazione? Difesa o fusione? La risposta arriverà dopo il 22 settembre, quando il destino di Mediobanca sarà deciso nei numeri di Borsa.