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La Camera ha discusso l’aumento delle spese militari al 5% del PIL, come richiesto dalla NATO.
Il centrodestra, pur avendo i numeri, non ha presentato mozioni proprie, limitandosi a bocciare quelle di opposizione. Un atteggiamento che Benedetto Della Vedova (+Europa) ha definito «scena muta», inadeguato di fronte al peso economico e politico della scelta.
Sul fronte giallorosso, invece, Pd, M5S e Avs hanno mostrato una convergenza rara: tutti contrari al 5%, seppure con sfumature diverse. Avs e 5S hanno votato reciprocamente le proprie mozioni, con il Pd che si è astenuto per segnalare le differenze su Ucraina e politica estera. Solo Guerini, Madia e Quartapelle hanno preso le distanze, votando contro.
«Portare la spesa militare al 5% sarebbe la fine per pensioni e sanità. Serve una difesa comune europea», ha detto Elly Schlein, rivendicando l’unità del centrosinistra. Più prudente Giuseppe Conte: «L’unità è condizione per vincere, ma non basta: serve un progetto serio, altrimenti finiamo come l’Unione di Prodi».
La destra, invece, ha difeso l’aumento della spesa solo a parole: «Senza difesa non c’è niente», hanno detto i deputati di FdI e Forza Italia. Il sottosegretario Perego ha ribadito che «l’impegno ad aumentare la spesa per la sicurezza è nell’interesse del popolo italiano», senza però indicare come reperire le risorse.
Il dibattito mette in luce una maggioranza silenziosa e divisa, e un’opposizione che, almeno su questo tema, sembra più coesa e pronta a capitalizzare il momento politico.