“Ad Alessandro Manganelli: mi sarei fermato prima del 62%, senza puntare all’80%, per i costi altissimi dell’integrazione e per evitare la fuga da Mediobanca che sta già avvenendo. Capisco la difficoltà di chi, come lei,
non è laico e porta la maglietta di appartenenza.”
Mediobanca rischia di perdere la sua anima
La vendita di azioni da parte di molti dirigenti indica sfiducia nell’Opas di Mps. Se la storica banca d’affari diventa solo un pezzo di un gruppo più grande, perde il ruolo di regista del capitalismo italiano.
Il rischio non è solo per gli azionisti: i grandi clienti corporate e gli investitori scelgono Mediobanca per la sua indipendenza e capacità strategica. Se questa identità si dissolve, potrebbero rivolgersi altrove.
Mediobanca senza autonomia sarebbe una scatola elegante ma vuota: un danno non solo per la banca, ma per l’intero sistema economico italiano.
Mediobanca, la corsa dei manager a vendere i titoli
IL CASO
di ANDREA GRECO
Non tutti i dirigenti di Mediobanca hanno dato retta al vice dg Francesco Saverio Vinci, che in un video martedì ha provato a rassicurarli, esortandoli a restare focalizzati sui risultati «con la professionalità di sempre, che resterà un fattore vincente» malgrado il nuovo perno della banca d’affari sia Mps.
Da due settimane si intensificano le vendite di azioni di manager e consiglieri in Borsa, anziché consegnarle all’offerta di scambio senese. Segno palese di disaffezione, tra l’altro monetizzando a valori inferiori ai 21,37 euro del concambio dell’Opas (di cui però solo 0,9 euro è cassa). Tra il 27 agosto e ieri le comunicazioni obbligatorie internal dealing segnalano 397.643 titoli ceduti dai manager, quasi tutti tra 19,5 e 21 euro, per 8,15 milioni di incasso aggregato. Una piccola frazione, va detto, rispetto ai pacchetti assegnati gli ultimi 15 anni, che solo per i primi tre manager Alberto Nagel, Renato Pagliaro e Vinci valgono, in Borsa, 140 milioni. Nessuno dei tre finora ha venduto: si vedrà se lo faranno entro il 22 – nuovo termine dell’Opas – o diventeranno nuovi soci del gruppo Mps.
Il dilemma, che vale per decine di banchieri Mediobanca, è stato in parte risolto con una vendita da almeno una quindicina di colleghi. Tra loro spiccano Gian Luca Sichel, ad di Mediobanca Premier e di Compass, che ha ceduto il 10 settembre 50.000 titoli a 20,94 euro; Marco Vittorelli, consigliere di Cmb, venditore di 30.000 titoli a 20,45 euro; il segretario del cda Massimo Bertolini (119.234 titoli), il consigliere di Cmb Francesco Carloni (14.000 titoli); Stefano Vincenzi, capo dell’ufficio legale (4.600 titoli); la guida delle risorse umane Alexandra Young (56.965 titoli), il sindaco di varie controllate Fabrizio Hugony (70.000 titoli); il capo delle partecipazioni e consigliere di Generali Clemente Rebecchini (26.233 titoli).
Intanto ieri S&P ha messo sotto esame il rating Bbb+ di Mediobanca «con implicazioni negative» dopo l’Opas: «L’integrazione a due migliorerà il rating di gruppo nel tempo, ma la potenziale integrazione di Mediobanca può pesare sul suo rating a breve e medio». E in serata Mps ha ufficializzato le adesioni finora al 62,3%, e rinunciato alla condizione “Mac”, le clausole di forza maggiore. L’offerta «diviene pienamente efficace ed eseguibile »: e lunedì Mps pagherà il primo 62,3%.