

Piancastagnaio torna a vestirsi di pietra
12 Settembre 2025
Palazzo delle Papesse festeggia il suo primo anno come “centro d’arte contemporanea”, ma di contemporaneo c’è ben poco. C’è invece un modello di business culturale che tradisce completamente la vocazione di questo luogo storico e l’identità di Siena.
Hugo Pratt “Geografie Immaginarie” non è altro che l’ennesima tappa di un tour mondiale che va avanti da anni. Le stesse tavole, gli stessi contenuti, lo stesso allestimento che hanno già fatto il giro di Genova, Napoli, Recanati, Roma. A novembre arriverà Armando Testa, reduce dal successo veneziano a Ca’ Pesaro. Zero ricerca originale, zero produzione inedita, zero rischio artistico.
È il McDonald’s dell’arte: prodotti standardizzati, testati sul mercato, garantiti nel successo commerciale. Si prende un pacchetto preconfezionato, si cambia qualche pannello, si adatta lo spazio disponibile e il gioco è fatto.
Ma la vera violenza culturale è un’altra: in una città ricca di competenze artistiche, storiche e curatoriali, Opera Laboratori sceglie sistematicamente di ignorare completamente il tessuto culturale locale. Nessuna collaborazione con l’Università di Siena, nessun coinvolgimento dell’Accademia di Belle Arti, nessuno spazio per artisti contemporanei del territorio.
Questo palazzo che un tempo ospitava opere del Maestro di Griselda – arte profondamente radicata nella storia senese – ora è diventato un contenitore anonimo per eventi che potrebbero svolgersi ugualmente in qualsiasi shopping mall culturale d’Italia.
Stefano Di Bello continua a sottolineare che tutto avviene “con fondi privati”, come se questo fosse un merito. In realtà è la giustificazione di una gestione che mette il profitto davanti alla missione culturale. Un vero centro d’arte contemporanea dovrebbe sperimentare, rischiare, sostenere la ricerca artistica – non limitarsi a replicare formule commerciali sicure.
La “visione olistica” con yoga e aperitivi nel cortile storico suona più come diversificazione dei ricavi che come proposta culturale coerente. Il rischio concreto è che Palazzo delle Papesse diventi un contenitore generico per intrattenimento culturalmente decoroso, ma sostanzialmente vuoto.
Siena non ha bisogno di un altro spazio espositivo anonimo. Ha bisogno di luoghi che valorizzino la sua identità, che facciano dialogare passato e presente, che sostengano la creatività contemporanea radicata nel territorio. Palazzo delle Papesse, nelle mani di Opera Laboratori, sta diventando l’opposto: un simbolo di colonialismo culturale che impone dall’esterno contenuti preconfezionati.
La domanda fondamentale resta aperta: se un bene culturale così importante viene gestito solo in logica di mercato, ignorando completamente la comunità che lo ospita, che senso ha mantenerlo pubblicamente accessibile?
Il primo compleanno di Palazzo delle Papesse non è una celebrazione, è un epitaffio per quello che avrebbe potuto essere e non sarà mai.