
Aerei militari russi rilevati nella zona di identificazione aerea dell’Alaska
26 Settembre 2025
Esperto di trasporti e ambiente
L’idea di connettere i “borghi nascosti” è affascinante in teoria, ma irrealistica nella pratica. L’unica risposta intelligente sarebbe potenziare i link ferroviari, non creare voli navetta.
Mentre l’Italia affronta una crisi infrastrutturale e gestionale degli aeroporti di proporzioni drammatiche, l’Enac sceglie di lanciarsi in un costoso esperimento di nicchia: la Regional Air Mobility (RAM), una rete di voli leggerissimi per unire i piccoli scali regionali. L’immagine del recente volo dimostrativo tra Fano e Roma Urbe, presentato come un trionfo di innovazione, rischia di essere l’ennesimo specchietto per le allodole, un progetto avulso dalle reali, gravissime emergenze della mobilità aerea nazionale.
L’Enac ignora che alcuni aeroporti sono saturi e hanno però i bilanci in rosso. Prima di sognare connessioni orizzontali tra Adriatico e Tirreno con velivoli da dieci posti, l’Enac dovrebbe avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Fatta di scali principali da Malpensa a Fiumicino, da Linate a Venezia – strangolati dalla saturazione e incapaci di gestire la domanda futura senza nuovi e facili ampliamenti mangia suolo. È un paradosso per un Paese turistico che la nostra infrastruttura di accoglienza volante è, in molti casi, da terzo mondo.
Il problema non è solo la capienza, ma soprattutto il modello di business. Quasi il 90% degli aeroporti italiani vive di traffico low cost, che detta legge sui costi di handling e affitti, lasciando gli aeroporti con margini risicatissimi o in perdita e condizioni di lavoro per gli addetti anche queste da terzo mondo. Invece di lavorare a un piano serio per riequilibrare il potere negoziale degli scali, attrarre vettori full-service e investire sull’ammodernamento degli hub strategici, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile preferisce tuffarsi in un’iniziativa che suona più come un gadget tecnologico che come una politica dei trasporti.
La Regional Air Mobility: una soluzione in cerca di un problema?
L’idea di connettere i “borghi nascosti” è affascinante in teoria, ma del tutto irrealistica nella pratica. Sostenere che un King Air da pochi posti possa “favorite la delocalizzazione turistica” è pura fantasia. Quale turismo? A quale costo? I milioni di euro stanziati per aeroporti come quello di Rieti – 10 milioni per il Ciuffelli – rischiano di creare nuove “cattedrali nel deserto”. Investire in scali minori, senza una visione integrata con strade e treni (che in Italia sono spesso carenti proprio in quelle aree), significa generare solo costi fissi insostenibili a carico della collettività.
Il Presidente di Enac Pierluigi Di Palma parla di “superare l’integrazione aria-ferro” a favore di una “aria-aria”. È una visione miope. In un’Europa che spinge per una mobilità intermodale e sostenibile, l’unica risposta intelligente per i territori interni è potenziare il loro collegamento ferroviario con gli hub principali, non certo creare costosissimi voli navetta per una élite di viaggiatori, per altro, gestito da un soggetto pubblico. Questa non è innovazione, è un ritorno al passato: un tentativo di riportare in vita il trasporto aerotaxi che ha già fallito più volte sul mercato e che oggi è a servizio di una nicchia di mercato a cui i borghi interessano poco. Enac dovrebbe ricordarsi che sulle tratte servite all’Alta Velocità ferroviaria come la Milano-Roma anziché ridurre i voli questi sono aumentati e ciò è in contrasto con le best practice europee.
Le vere sfide che Enac dovrebbe affrontare sono invece:
1. Ristrutturare la governance aeroportuale per restituire redditività e potere contrattuale agli scali rispetto alle compagnie aeree
2. Pianificare l’ampliamento della capacità degli aeroporti hub, risolvendo i conflitti con i territori e investendo in tecnologie per l’efficienza limitando il consumo di suolo.
3. Integrare seriamente aereo e treno (non “superarli”), sviluppando vere reti intermodali, come avviene in tutti i Paesi avanzati.
La Regional Air Mobility è un diversivo, un progetto che fa notizia ma che non affronta i nodi strutturali. Mentre Enac si entusiasma per voli dimostrativi e velivoli “pet friendly”, il sistema aeroportuale italiano continua a declinare seppur crescendo il numero dei passeggeri. È tempo di chiedere all’Enac di occuparsi della casa “che sta bruciando”, piuttosto che disegnare “costose dependance in giardino”. L’Italia ha bisogno di una politica aeroportuale seria, non di esperimenti.