L’odio politico che tracima dalle bocche dei leader della destra delle due sponde dell’oceano, nonché dai loro media, ha trovato nelle parole del presidente Donald Trump la sua piena conferma: «Odio i miei avversari», ha detto in una occasione celebrativa di grande solennità come quella del funerale di Charlie Kirk.
Questa continua istigazione a sentimenti di totale negazione dell’avversario merita una maggiore attenzione. Per la cultura politica che esprime e per gli effetti sistemici che produce. Il presidente americano ha confermato la sua visione del confitto politico: quello dell’amico/nemico. O sei con me, o contro di me. Non esistono posizioni intermedie. Allo stesso tempo, però, nella sua mente e nelle sua azioni non si rintracciano posizioni chiare e univoche.
La postura sull’Ucraina
Trump le cambia da un giorno all’altro. Qualche settimana fa dichiarava che l’Ucraina doveva fare concessioni territoriali alla Russia perché tanto aveva perso e, anzi, non sarebbe nemmeno dovuta entrare in guerra (come fosse stata una sua scelta); l’altro giorno sostiene che l’Ucraina può riprendersi tutti i suoi territori e andare persino oltre. Povero Volodymyr Zelensky, sballottato tra sconforto e speranza. Ma a quale Trump credere? A quello cinico e realista o a quello guerriero e arrembante. È una roulette russa (appunto) quella con cui si muovono gli ucraini.
La delusione per non essere stato assecondato subito da Putin probabilmente induce Trump a volergli dare una lezione per far capire chi è il più forte. Un decisione che, come tante altre, esprime il pericoloso carattere infantile del presidente che agisce sulla base di capricci e permalosità, tutto avvolto in un delirio di onnipotenza. Questo comportamento alza il livello dell’imprevedibilità e quindi del rischio sistemico all’interno e nell’arena internazionale.
La dinamica dello scontro
Sul piano interno Trump ha innescato una dinamica di scontro continuo, potenzialmente ultimativo, con chiunque si opponga. Il suo debordare dai limiti costituzionali, per ora, è contenuto in pochissima parte, dalle corti federali e dalla Corte suprema. Così il potere dispotico del presidente si espande. E al contempo il sistema mostra crepe vistose in merito al bilanciamento dei poteri e alla libertà di espressione e di partecipazione.
Una leadership aggressiva e prepotente, che utilizza tutte le armi, vere e figurate, a sua disposizione per mettere in un angolo chi lo contesta, rischia di far deragliare l’America dai binari della democrazia. E questo grazie alla continua evocazione di complotti e nemici, e alla criminalizzazione di qualsiasi dissenso. L’avversione assoluta per ogni antagonista è la condizione necessaria per imporre questa deriva illiberale.
I riflessi italiani
C’è solo una differenza di scala con quanto sta accadendo in Italia. Un presidente del consiglio che accusa la sinistra di odiare gli avversari, quando la sua parte politica si è dedicata in anni bui a seminare stragi in giro per l’Italia e ad abbattere a fuciliate magistrati e nemici politici, non solo calpesta la storia, ma dimostra tutta sua inadeguatezza al ruolo istituzionale che ricopre. Chi è alla guida del governo della nazione non si può comportare da capo fazione.
Evocando un (inesistente) clima da guerra civile e criminalizzando ogni forma di protesta. Così come Trump non esita a scagliare parole violente nei confronti dell’altra parte politica, altrettanto fa Giorgia Meloni con il volto stravolto dall’ira o in formato suadente.
Infine, c’è un punto che Meloni dovrebbe chiarire sulla sua grande vicinanza a Kirk. Condivideva quanto diceva il cantore del Maga a proposito del cervello di Michelle Obama, che non poteva essere grande quanto quello di una bianca? O che i bambini devono assistere all’ esecuzione pubblica, all’iraniana, dei condannati a morte? O altre espressioni evocative di un mondo razzista, misogeno e violento.
A Martin Luther King non si potevano addebitare espressioni di questo tipo. Tutt’altro. Il che segna uno spartiacque invalicabile tra i predicatori della nonviolenza e quelli dell’odio.