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FIRENZE – La cultura toscana non è solo Uffizi e Palazzo Pitti. È il teatro di provincia che fatica a chiudere il bilancio, il museo civico che apre solo nei weekend, la compagnia teatrale sospesa tra una stagione e l’incertezza di quella successiva. È questa “Toscana diffusa” al centro del Patto per la Cultura lanciato dal presidente uscente Eugenio Giani alle Manifatture Digitali Cinema.
La proposta è netta: destinare il 20% degli incassi dei grandi musei statali a teatri, compagnie e musei civici dei piccoli centri. «Così la cultura non dipenderà più dai bilanci regionali o comunali, troppo spesso schiacciati da altre emergenze», ha spiegato Giani. Perché nei comuni minori, quando si tratta di scegliere tra asili, strade e cultura, quest’ultima resta la prima voce a saltare.
La vera novità sta nella certezza delle risorse. Un piccolo teatro che può contare su fondi garantiti anno dopo anno può finalmente programmare, assumere, investire. Il Patto affida ai comuni il compito di presentare progetti specifici, valorizzando le peculiarità di ogni territorio: dalla Maremma alla montagna pistoiese, dall’Amiata alla Lunigiana.
Con obiettivo 2030, l’iniziativa ha già raccolto oltre cento adesioni e si inserisce in una stagione di investimenti consistenti: nel 2025 la Regione ha destinato alla cultura più di cento milioni di euro, tra fondi propri, FSE e PNRR. La sfida, però, è farli arrivare davvero dove servono, senza creare nuova burocrazia e sostenendo anche i comuni senza uffici dedicati.
Per Giani la cultura è anche un antidoto allo spopolamento: «La Toscana trova nella sua dimensione diffusa le radici ultime del suo spirito di convivenza». Non è retorica identitaria: nelle aree interne, la vita culturale è spesso uno dei pochi motivi per restare o tornare. Se il Patto saprà dare continuità a queste realtà fragili, avrà centrato l’obiettivo.