Due ebrei morti davanti a una sinagoga di Manchester nel giorno del Kippur, uno dei più sacri per la tradizione ebraica. Antisemitismo? Antisionismo? Antisemitismo mascherato da antisionismo come reazione a quanto Israele sta facendo a Gaza? Occorre tentare di fare chiarezza.

L’accusa di antisemitismo rivolta a chi critica il governo israeliano e le sue politiche è divenuta ricorrente dal 7 ottobre in avanti. E questa accusa ha spesso caratterizzato la risposta ai critici di Israele da parte dei governi di Tel Aviv e di frequente anche dalle comunità ebraiche. Ma accanto alle critiche a Israele e all’antisionismo, l’antisemitismo esiste, non è scomparso dopo la Shoah e speso ricompare in coincidenza con le crisi mediorientali, talora con conseguenze letali come ieri a Manchester. Non si tratta di mera questione definitoria, ma di una discussione che – assieme alla scia di sangue che ha generato – ha notevoli implicazioni per il dibattito pubblico e la libertà di parola.

Sono attualmente in discussione al Parlamento italiano due Ddl, a firma Lega e Italia dei Valori che, sotto il titolo di “Contrasto agli atti di antisemitismo”, equiparano le critiche ad Israele con l’odio antiebraico. Questa identificazione, che i Ddl propongono venga fatta propria dallo Stato italiano, nasce dalla centralità data alla dichiarazione dell’Ihra (International Holocaust Research Alliance), un network di paesi e associazioni con un ruolo preminente di Israele, che si occupano di promuovere la memoria dell’Olocausto.

Nel 2016 l’Ihra ha prodotto una definizione ufficiale dell’antisemitismo come fenomeno sia storico che attuale. La definizione Ihra dell’antisemitismo ha assunto una funzione centrale, venendo adottata dalla maggioranza dei paesi europei. Questi hanno così fatta propria, con concrete implicazioni giudiziarie, l’identificazione stigmatizzante tra critica a Israele e antisemitismo: facendo sì che criticare Israele possa essere considerato illegale in quanto “antisemita”.

Come rilevato da un gruppo di eminenti studiosi che hanno sottoscritto nel 2021 la Jerusalem Declaration on Antisemitism (Jda), la dichiarazione Ihra contiene elementi deformanti nell’analisi del pregiudizio antiebraico, divenendo uno strumento nella difesa di Israele. I promotori della Jda hanno rilevato che sette degli undici esempi proposti dall’Ihra come antisemiti, sono in realtà delle critiche allo Stato di Israele

L’antisemitismo è una malapianta secolare, che ha prodotto violenze fino all’ecatombe della Shoah. Esso non è cessato dopo il 1945 e si è anche intrecciato con l’ostilità nei confronti di Israele. Giovedì scorso, ad esempio, questo intreccio ha prodotto di nuovo violenza omicida davanti a una sinagoga a Manchester. Anche l’Italia ha ultimamente registrato un indubbio ritorno di antisemitismo: nei social media, nel discorso pubblico, in episodi di violenza fisica. Ma abbiamo anche assistito alla crescente tendenza a silenziare ogni critica nei confronti di Israele, tacciandola appunto di antisemitismo. Questa tendenza è emersa da parte dei vertici delle comunità ebraiche, da parte di cariche del governo, dello Stato e dei partiti politici di destra: in particolare Fratelli d’Italia e Lega, pure non alieni, storicamente e oggi, dall’ostilità antiebraica.

L’uso politico dell’accusa di antisemitismo è stato inoltre centrale nella visione di Benjamin Netanyahu, che ha accusato di antisemitismo organizzazioni dall’Onu alle Corti dell’Aja, quando queste hanno espresso critiche verso le politiche israeliane. Clamoroso è stato infine l’uso che dell’accusa di antisemitismo ha fatto l’amministrazione Trump, nell’offensiva repressiva contro le università americane, camuffando su questa base un assalto senza precedenti alle libertà accademiche.