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9 Ottobre 2025
La nuova legge che istituisce il 4 ottobre come festa nazionale in onore di San Francesco d’Assisi nasce con una buona intenzione: valorizzare il patrono d’Italia e i suoi valori universali di pace e fraternità. Tuttavia, nel testo approvato dal Parlamento è scomparso un elemento fondamentale della tradizione italiana: il riferimento a Santa Caterina da Siena, proclamata insieme a San Francesco patrona d’Italia nel 1939.
La legge del 1958 aveva riconosciuto entrambi i santi, fissando il 4 ottobre come solennità civile dedicata ai due patroni, giornata della pace e del dialogo. Con la nuova norma, invece, il giorno è diventato una festa nazionale vera e propria, con scuole e uffici chiusi, ma dedicata solo a San Francesco. Poiché la legge del 1958 non è stata abrogata, si crea ora una sovrapposizione: la stessa data è, contemporaneamente, festa nazionale per Francesco e solennità civile per Caterina.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge, ma ha inviato ai presidenti di Camera e Senato una lettera di rilievo tecnico. Nella nota spiega che non è possibile che la stessa giornata sia al tempo stesso una festività nazionale e una solennità civile, poiché l’ordinamento attribuisce effetti diversi alle due qualificazioni. Invita quindi il Parlamento a correggere il testo, scegliendo se mantenere il 4 ottobre come festa unitaria per entrambi i patroni o se spostare la celebrazione di Santa Caterina in un’altra data, ad esempio il 29 aprile, giorno della sua memoria liturgica.
Si tratta di un caso esemplare di come la mancanza di coordinamento normativo possa produrre confusione e, allo stesso tempo, alterare il significato di un simbolo condiviso. Santa Caterina non è una figura minore: è una donna che nel Trecento ha esercitato un ruolo di rilievo politico e spirituale, scrivendo ai papi e ai governanti, mediando conflitti e richiamando la Chiesa alle sue responsabilità. La sua presenza accanto a San Francesco non è solo una questione di devozione, ma di equilibrio culturale e civile.
L’errore non è ideologico, ma formale. Tuttavia, nel linguaggio delle istituzioni anche le omissioni hanno un peso. L’Italia ha due patroni: rappresentano, insieme, due modi diversi ma complementari di intendere la responsabilità, la fede e la pace. Per questo, è opportuno che il Parlamento corregga rapidamente la svista e restituisca al 4 ottobre – o al 29 aprile – il significato pieno che la storia aveva già chiarito.