
Là dove la realtà si fa immagine
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C’è un passaggio storico che si sta consumando sotto i nostri occhi, silenzioso ma profondo: gli Stati Uniti, che per decenni hanno incarnato il mito della libertà, del diritto e della democrazia, sembrano oggi scivolare verso una forma di potere concentrato e personalistico. Non è un colpo di Stato, ma un logoramento lento delle istituzioni. La legge diventa strumento di potere, non limite del potere; la verità pubblica si confonde con la propaganda; i corpi intermedi si svuotano, e la figura del leader diventa totalizzante.
Questa trasformazione non riguarda solo l’America. L’ordine mondiale che essa aveva costruito dopo il 1945 — fondato sulla cooperazione, sulle alleanze e sul primato del diritto — era anche la cornice entro cui l’Europa aveva trovato pace, sviluppo e senso politico. Ora che quel modello si incrina, anche l’Europa appare smarrita. Priva di una guida esterna e ancora incapace di agire come soggetto unitario, si ritrova nuda davanti alle sfide del tempo: la guerra alle sue porte, la competizione tecnologica globale, la crisi della democrazia rappresentativa.
Il declino americano, dunque, accelera un declino europeo già in corso. Perché l’Europa ha vissuto troppo a lungo nel riflesso dell’altro, abituata a delegare sicurezza e visione. Oggi deve scegliere se restare spettatrice o imparare finalmente a essere adulta, cioè politica.
Eppure, da questo tramonto può nascere un’alba. Se l’America abbandona l’ideale di libertà, l’Europa può e deve raccoglierne l’eredità. Può tornare a essere laboratorio di civiltà, luogo in cui la democrazia non è rituale ma esperienza viva, in cui la dignità della persona resta il fondamento della politica.
Forse il “mondo di ieri” è davvero finito. Ma se qualcosa deve tramontare, che non siano i valori che ci hanno resi liberi — bensì l’illusione che qualcun altro li difenderà per noi.