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19 Ottobre 2025SPETTATORI PER UNA SETTIMANA
NUOVO CINEMA MANCUSO
Una Festa che è un déjà vu
Ritorno alla Festa del Cinema di Roma, la prima impressione è che si tratti di un déjà vu. Stessi manifesti inneggianti a Federico Fellini con la sciarpa svolazzante. La quarta – quarta – stagione della serie “Vita da Carlo” con Carlo Verdone, che questa volta viene richiamato da Nizza per una cattedra al Centro Sperimentale di Cinematografia (era in esilio causa #MeToo).
Stessa antipatia di maschere e spettatori. Gli addetti alle sale pretendono l’accredito al collo, anche se il biglietto per la proiezione ha il tuo nome stampato sopra. Una maestrina presente allo scambio certifica: “A Cannes non l’avrebbero fatta entrare”. Non ha mai visto un biglietto del Palais, ovvio: al massimo c’è stampata la categoria dell’accredito. Nulla è cambiato, il più provinciale dei festival si misura con il più grande e antico.
A proposito di provincia, la Festa presenta in apertura “La vita va così” di Riccardo Milani, regista di “Come un gatto in tangenziale” (non è in concorso, sarebbe un bell’imbarazzo: la moglie Paola Cortellesi a capo della giuria). Provincia sarda, spiaggia meravigliosa dove il pastore conduce le sue magre vacche, e per il resto mette pomodori in conserva. Un’azienda milanese vuole costruire un resort sul terreno della sua casupola, per godere della sabbia bianca e finissima. In paese hanno venduto, ma lui non molla. Ha tutti contro, anche chi spera nel resort per avere finalmente un lavoro vero, ma il pastore dice sempre no. Nel film gli offrono milioni e altri milioni – arrivano a 12 – ma lui ha una sola parola “no”.
E’ una storia vera durata anni, e non è ancora finita. Il vero pastore Ovidio Marras è morto lo scorso anno, povero con dignità si usa dire. La società milanese è fallita. E’ successo a Teulada, dove la troupe – dicono loro – è stata accolta freddamente. Non troppo, poi è riuscita a girare dove voleva, e dove il pastore ha riavuto lo “stradello” per portare al mare le sue mucche. Quello che vediamo nel film si chiama Giuseppe Ignazio Loi, di anni 84.
Tutti felici, tutti entusiasti. Il pastore tiene testa da solo alle ruspe e al progresso, al lavoro per i giovani, allo sviluppo e alla modernità, e all’acqua calda, e al dentista, a una dieta composta di soli pomodori, carciofi spinosi e formaggio con i vermi. Certo, è la terra dei centenari, ma chiedete a quelli che sono morti giovani, schiantati di fatica, di stenti e malattie. Per non parlare del freddo che entra nelle ossa, con il suo bel contorno di umido. I compaesani si convertono. Altro che lavoro, si contenteranno anche loro del sottosviluppo. Eppure anche il sindaco, il prete, e perfino il vescovo di Cagliari era arrivato a Capo Teulada per far cambiare idea al cocciuto pastore. Avanti così, che l’800 è dietro l’angolo.
PER TE
di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Teresa Saponangelo, Javier Francesco Leoni
Lo
spunto? Un’onorificenza assegnata dal presidente della repubblica Sergio Mattarella a un ragazzo di undici anni che si è preso cura di un padre quarantenne colpito da Alzheimer (sì, esiste una forma precoce, e sì, non si può stare tranquilli neppure a 40 anni). Il malato di Alzheimer è un ruolo che molti attori sognano, da quando Julie Christie, classe 1940, nel film di Sarah Polley “Away from Her-Lontano da lei” non riusciva a ricordare la parola padella mentre stava in cucina a fare la frittata. Rapidamente declinava: le parole se ne andavano una a una, e perdeva la strada per tornare a casa – è un racconto scritto dal premio Nobel Alice Munro. Il marito, che pure la ama, è costretto a farla ricoverare in un istituto, dove lei si dimentica quasi subito di lui, presa d’amore per un altro malato. Sottigliezze e crudeltà che invano si cercherebbero in questo film – anche se il regista Alessandro Aronadio ci aveva divertiti con “Orecchie”: un fischio fastidioso che nessun dottore riesce a togliere. L’Alzheimer recitato da Edoardo Leo non ha ruvidezze né sgradevolezza, né scatti d’ira – solo un paio di mutande sopra i pantaloni e un’uscita in vestaglia. Serve per riallacciare i rapporto con il fratello musone e pasticcione che non ne ha imbroccata una nella vita e ora vive nella villetta al mare dei genitori, assai malridotta. Serve per qualche serata tra mamma e papà che cercano di ritrovare gli ardori del fidanzamento.
AFTER THE HUNT-DOPO LA CACCIA
di Luca Guadagnino, con Julia Roberts, Andrew Garfield
Luca Guadagnino racconta l’am biente universitario americano con l’eleganza italiana. Anche se siamo in un’università dell’Ivy League, East coast e vecchio denaro e antichi edifici, la professoressa Julia Roberts ha troppa eleganza e classe per una docente di letteratura. Nelle facoltà scientifiche vanno le camicie a quadretti con le maniche corte, e i letterati certo non si vestono eleganti per andare a lezione. Unica eccezione le scarpe basse, camicie e giacche sui jeans sono più che sufficienti a costruire uno stile. Il collega Andrew Garfield pare più ruspante, è in attesa di conferma dove ancora vige il “publish or perish”: per avanzare nella carriera devi studiare, scrivere, e farti giudicare. Nei salotti non si parla a colpi di citazioni, come a lezione davanti alla lavagna, e quasi mai c’è un marito che in cucina fa meraviglie. La sceneggiatrice Nora Garrett ha talento e facilità di scrittura, forse il finale andrebbe un po’ accorciato – nessuno ha più il senso della misura (né si fida degli spettatori e taglia corto con le spiegazioni). Succede che una studentessa nera accusi un professore bianco di molestie: l’ha riaccompagnata a casa e ha “superato i limiti”. L’accusato Andrew Garfield nega. La collega Julia Roberts sospetta una vendetta: aveva smascherato la studentessa – nera e ricca – che aveva copiato un lavoro. Tutti contro tutti, forse la lotta di classe, e l’etica applicata alle presunte molestie.
EDDINGTON
di Ari Aster, con Joaquin Phoenix, Pedro Pascal, Emma Stone, Austin Butler, Luke Grimes
Ari
Aster finora ha giocato con l’orrore – inteso come genere cinematografico – e le sue regole. “Hereditary-Le radici del male” era ancora abbastanza classico e rispettava i fondamentali della paura e dello splatter: la nonna capofamiglia cercava un corpo di maschio perché il demone potesse incarnarsi. “Midsommar” era girato nel grande nord che celebra il solstizio d’estate: campagna, coroncine di fiori e abiti bianchi, ma il rito propiziatorio che si compie è crudele, chiede il sacrificio di parecchie vite umane. In “Eddington” passa alla black comedy. Parecchio black: in una cittadina del New Mexico lottano l’uno contro l’altro, più o meno armati a seconda delle idee politiche, lo sceriffo populista Joaquin Phoenix, e il sindaco progressista Pedro Pascal. E’ il 2020, siamo in tempo di Covid, lo sceriffo rifiuta la mascherina obbligatoria e il sindaco vuole ospitare sul territorio cittadino un grande server per l’intelligenza artificiale, roba che all’ambiente non fa benissimo. C’è Emma Stone, la fragile moglie dello sceriffo. Non sfugge agli stereotipi della bella del sud – la suocera vede complotti ovunque e sostiene che sia stata violentata da Pedro Pascal. Forse per fare dispetto al sindaco, già abbastanza fuori di testa senza bisogno di provocazioni, complicate dalle proteste dei neri dopo l’omicidio di George Floyd. Ari Aster crede di essere il terzo fratello Coen, gli manca l’ironia e il senso della misura.
AMATAdi
Elisa Amoruso, con Tecla Insolia, Miriam Leone, Stefano Accorsi, Donatella Finocchiaro
Da
una storia vera, accaduta a Milano (lo precisano la regista e la sceneggiatrice Ilaria Bernardini, come se nel resto d’Italia non ci fossero modi del tutto leciti per affidare un bambino non voluto alla pubblica carità). La poetessa premio Nobel Wislawa Szymborska contribuisce a rendere la storia universale: “Quando nasce un bambino il mondo non è mai pronto”. Non è pronta Nunzia, rimasta incinta durante un amorazzo, dopo una serata bollente in discoteca. Non è pronta – suggerisce la regista Elisa Amoruso, decliniamo ogni responsabilità di leso femminile – neanche Maddalena, ingegnere edile che ha già avuto tre gravidanze interrotte. La diciannovenne gravida – senza volerlo – vive in coabitazione, tra studentesse fuori sede. Maddalena, che vorrebbe essere madre ma non riesce a diventarlo, ha un grande e lussuoso appartamento borghese, con il marito Stefano Accorsi (che “lentamente si sgretola dall’interno”, dicono le note di regia). Parla meno di tutti, ma soffre tanto. Le donne invece parlano, anche le dottoresse piuttosto indiscrete. Elisa Amoruso aveva iniziato con uno bel documentario intitolato “Fuoristrada”. Poi ha girato “Chiara Ferragni-Unposted” nel 2019, quando la bionda era al culmine della fama, e la serie tv “Fedeltà”, tratta dal romanzo di Marco Missiroli. Qui insegue incubi e fantasmi che stanno intorno alla maternità. Troppe chiacchiere, non tutto deve essere esplicitato. E qualche pretesa davvero eccessiva.