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5 Agosto 2022Conte
ROMA — Quando Giuseppe Conte arriva nella redazione di Repubblica, ospite di Metropolis, format digitale del Gruppo Gedi, le trattative tra Pd e Fratoianni sono in corso. «Ma credo che l’accordo sia già chiuso». Non sembra scoraggiato però. Il leader del M5S i voti della sinistra li cercherà comunque, in solitaria. «Agli elettori di sinistra dico questo: se vogliono avere la garanzia che il loro voto non vada sprecato, votino noi». Con la destra non governerà più, giura: «Non gli affiderei nemmeno le chiavi del condominio». E con il Pd? Conte non è così netto. Non lo esclude.
«Anche se l’alleanza è improbabile, in questo momento». Lui in ogni caso rimarrà alla testa del M5S anche dovesse scivolare al 5%. «Non mi interessano le percentuali». Ma è sicuro: «Senza spocchia: saremo lasorpresa di queste elezioni».
Il 26 settembre, in caso di Parlamento senza maggioranza, esclude alleanze con il Pd o uno spiraglio c’è?
«Sicuramente non potremo fare un accordo con la destra, hanno soluzioni inadeguate. Quello che posso garantire è che le nostre riforme, dal salario minimo alla lotta al precariato, le realizzeremo costi quel che costi o, se non saremo al governo, le difenderemo con le unghie».
Quindi potrebbe esserci un’alleanza con il Pd?
«In questo momento mi sembra abbastanza improbabile. Si sono messi in un calderone e non so cosa ne possa uscire. I nostri programmi invece sono chiari. Con tre pilastri: la giustizia sociale, dal reddito di cittadinanza al salario minimo. La transizione energetica: no termovalorizzatori. E la transizione digitale. Il voto al Pd rischia di essere sprecato. C’è un cartello che va da Gelmini a Calenda e arriva fino a Speranza e immagino Fratoianni.
Con Nicola ci siamo telefonati. Ma se stanno discutendo di seggi, con noi non c’è alcuna valutazione da fare».
Campo largo anche nelle regioni?
«Quello che si decide a Roma, vale per le altre città. Mi dispiace per Nicola Zingaretti, ma ultimamente l’ho visto infatuato da Calenda».
Se le elezioni andassero male, sotto quale soglia si dimetterebbe?
Il 10 per cento?
«La leadership è un mestiere usurante, ma non mi preoccupano le percentuali. A me interessa fino a quando il M5S si manterrà fresco e intransigente sulle battaglie».
Nemmeno al 5%?
«Si può fare tutto. Se avremo compattezza e coerenza ci sarò».
Di Battista sarà in lista?
«Per noi è un interlocutore, ora è fuori dal M5S, ma ci confronteremo».
Non teme che possa farle le scarpe, una volta in Parlamento?
«Queste cose le scrivete voi sui giornali, che Conte ha paura di questo o di quello. Io sono qui per dare un servizio, pur modesto, al M5S e ai cittadini. Non vivo con l’angoscia che ci siano persone che potrebbero sconvolgerlo. Se Di Battista vuole dare un contributo mi fa piacere, ovviamente troverà un M5S cambiato. Abbiamo una carta dei valori e una chiara identificazione atlantica».
E Virginia Raggi?
«Resterà consigliere comunale».
I capilista li decide lei o bastano le parlamentarie?
«La formazione delle liste è responsabilità del leader».
Michele Santoro sarà candidato?
«Ci parleremo, vedremo se vuole dare un contributo. Però noi non offriamo posti da capolista così».
È leader del M5S da un anno, che errori si rimprovera?
«Ho sottovalutato quello che stava accadendo con Di Maio durante l’elezione del Quirinale. Ha cercato di accreditare il fatto che controllasse tutti i voti. Andava chiarito subito che non era vero».
La scissione l’ha toccata?
«Ci sono rimasto male. Adesso Di Maio deve dimostrare se ha la stoffa del leader che non abbandona coloro che ha portato con sé, oppure se cerca un posto sicuro sotto le insegne del Pd, vicino Bibbiano».
È stato un errore far cadere Draghi?
«Il primo a togliere la campanella del governo a Draghi è stato il Pd, con l’inceneritore. Poi Di Maio ha fatto una scissione, bombardandoci tutti i giorni. E poi siamo intervenuti noi. Ma abbiamo incalzato il governo sulle priorità degli italiani. Lo rifarei mille volte».