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Pierluigi Piccini
Nell’omelia che ha preceduto il pranzo, il cardinale Lojudice ha richiamato il messaggio di Papa Francesco e di Papa Leone XIV sul senso autentico della Giornata mondiale dei poveri. È un passaggio che appartiene ormai alla consuetudine della Chiesa: una soglia simbolica che apre ogni gesto di condivisione. Ma, come ricordano le pagine evangeliche quando invitano a non onorare “con le labbra” se il cuore resta distante, c’è sempre il rischio che certe parole – pur radicate nella tradizione – assumano la forma del rito più che quella di un reale invito alla trasformazione. Sta poi alla comunità decidere quanto queste formule sappiano ancora parlare alla vita concreta, e quanto invece chiedano di essere rianimate da gesti nuovi.
Allo stesso modo, l’arcivescovo ha rinnovato il suo richiamo alla responsabilità della politica, mettendo in guardia da quei toni che trasformano il confronto in contrapposizione. È un tema ricorrente del dibattito cittadino, una sorta di ritornello morale che ritorna con regolarità. Ma anche qui riecheggia il monito di San Paolo sul rischio di diventare “un bronzo che risuona”: parole giuste, che però chiedono meno di essere ripetute e più di essere accolte, perché solo ciò che costruisce davvero può diventare parola che edifica e non semplice suono. E tuttavia, la stessa tradizione apostolica ricorda che non ogni dissenso è un ostacolo alla comunione: vi sono momenti in cui la franchezza diventa responsabilità, come quando Paolo non esitò a opporsi a Pietro “a viso aperto”, non per dividere, ma per custodire la verità del loro cammino comune. È un richiamo discreto al fatto che, talvolta, la denuncia non è un gesto di conflitto, ma una forma di cura verso la comunità, perché la pace autentica non nasce dall’evitare i nodi, ma dall’affrontarli senza timore.
In questo intreccio tra tradizione e attualità, tra rito e responsabilità, l’iniziativa della Santissima Annunziata ha mostrato ancora una volta la forza del volontariato senese e la sua capacità di unire: oltre un centinaio di persone sedute allo stesso tavolo, insieme a una cinquantina di soggetti fragili, accolti e serviti da giovani delle parrocchie. Una città che, quando viene chiamata, riesce a mettere in moto una rete capillare di disponibilità: Caritas, parrocchie, Contrade, Arci, Fondazione Mps, volontari di ogni provenienza. Lojudice lo ha riconosciuto apertamente: “È quasi impossibile, in una realtà come Siena, che qualcuno resti fuori da tutto. Qui c’è poco da insegnare: c’è solo da mettere insieme”.
Resta però il contesto più ampio: una città attraversata da nuove fragilità, dalla crescita della cassa integrazione a forme di disagio sociale che diventano rapidamente visibili in una realtà piccola come Siena. Sul tema dei migranti, il cardinale ha riconosciuto che la fase più critica si sta attenuando anche grazie al lavoro delle istituzioni e al ruolo svolto dal prefetto Romeo, presente all’iniziativa. Ha richiamato i tavoli interistituzionali dell’arcivescovado, luoghi in cui – come ha detto – “si impara a conoscersi”, ricordando che non sono stati registrati significativi reati da parte dei richiedenti asilo. Ma ha anche aggiunto: “Qualcuno che canta stonato ci sarà sempre, ma non è così la maggior parte delle persone”.
Così, tra un gesto di accoglienza e un richiamo alla verità, la Giornata mondiale dei poveri ha restituito l’immagine di una città capace di generosità e di ascolto, ma anche attraversata da tensioni e responsabilità che non possono essere eluse. Perché il rischio più grande, per tutti, resta quello di fermarsi ai simboli senza trasformarli in vita concreta: e la vera sfida, forse, è proprio questa.





