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27 Novembre 2025Un progetto che deve funzionare: perché serve chiarezza sulla reindustrializzazione di viale Toselli
La nascita della società Sviluppo Industriale Siena srl viene presentata come il primo passo verso il rilancio dell’area ex Beko. Ma proprio perché questo passo deve trasformarsi in un percorso reale, è necessario affrontare con lucidità i punti critici. Non per frenare il progetto: al contrario, per renderlo efficace. Siena ha bisogno di lavoro, di un tessuto produttivo stabile e di un polo industriale credibile. Per questo occorre sgombrare subito le zone d’ombra che possono comprometterne il risultato.
La struttura finanziaria e operativa della società parte con qualche fragilità. Il Comune investe 1,18 milioni, mentre lo Stato conferisce un immobile che necessita di interventi costosi e aggiunge risorse destinate in buona parte alle prime opere di messa in sicurezza. Si tratta di un avvio che rischia di assorbire energie nella gestione delle criticità passate più che nella costruzione del futuro. Per essere davvero efficace, la società ha bisogno di strumenti chiari, risorse certe e un cronoprogramma vincolante, altrimenti l’intero processo potrebbe rallentare sin dall’inizio.
Il tempo a disposizione è poco. La cassa integrazione terminerà il 31 dicembre 2027 e rappresenta un limite invalicabile. A oggi, però, siamo ancora all’atto costitutivo della newco, mentre manca un progetto industriale definito e un interlocutore selezionato. Se non si accelera rapidamente, il rischio è che la fabbrica chiuda definitivamente senza che sia pronto alcun insediamento alternativo. L’obiettivo deve essere chiaro: evitare che i 180 lavoratori rimasti arrivino a quella data senza una prospettiva concreta.
Un altro punto di incertezza è la direzione industriale. Le manifestazioni di interesse sono molte ma vaghe: economia circolare, riciclo materiali, settori legati alla difesa. Si parla di tutto, quindi in sostanza non si è ancora scelto nulla. Una reindustrializzazione efficace richiede una linea precisa, criteri rigorosi e la capacità di attrarre soggetti solidi. Non serve aprire ogni possibilità: serve selezionare quelle che offrono lavoro stabile, qualità produttiva e coerenza con il territorio.
Rimane poi la questione ambientale. La bonifica della falda è affidata all’azienda uscente, ma il successo del progetto dipenderà anche dalla sua tempistica. Senza certezze ambientali, nessun investitore serio si impegnerà davvero. È un punto che non può essere lasciato all’incertezza o alla buona volontà.
La mobilità è un’altra variabile cruciale. L’area di viale Toselli è già oggi sotto pressione e nuovi insediamenti industriali rischiano di aggravare una situazione delicata. Le ipotesi di navette, trasporto pubblico potenziato o parcheggi scambiatori sono utili, ma non sostituiscono una strategia organica. Se non si affronta questo nodo, anche l’insediamento più promettente potrebbe trasformarsi in un problema.
Infine, la convenzione che arriva fino al 2050 offre stabilità, ma richiede anche una governance forte e una capacità decisionale continua. Una durata così lunga non può diventare un alibi per rimandare o diluire responsabilità. Funzionerà solo se fin dall’inizio saranno stabiliti criteri chiari, monitoraggi trasparenti e un vero controllo pubblico.
Siena non può permettersi un’altra operazione incompiuta. La città ha bisogno di lavoro e di un polo industriale nuovamente vitale. Per questo le osservazioni critiche non vanno lette come ostacoli, ma come condizioni per garantire che ciò che si avvia oggi arrivi a destinazione. Perché la reindustrializzazione di viale Toselli non sia solo un titolo, ma una realtà concreta.





