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A più di due anni dall’inizio della guerra, Gaza rimane un territorio allo stremo. Nonostante un cessate il fuoco formale in vigore dall’autunno 2025, la situazione umanitaria continua a essere drammatica. Organizzazioni internazionali, istituti di ricerca e agenzie dell’ONU convergono su un dato essenziale: la Striscia vive una crisi di proporzioni storiche, con livelli di distruzione, sofferenza civile e instabilità che non accennano a diminuire.
Il numero delle vittime palestinesi ha superato le settantamila unità, secondo i dati elaborati dalle Nazioni Unite a partire dalle informazioni fornite dal Ministero della Sanità di Gaza e da centri di ricerca indipendenti come la Brown University. La maggioranza delle vittime è composta da donne e bambini. Israele contesta queste cifre ma non ha diffuso dati alternativi verificabili. A esse si aggiungono decine di migliaia di feriti e un sistema sanitario che l’ONU descrive come “devastato”: ospedali distrutti, reparti chirurgici ridotti al minimo, mancanza diffusa di farmaci, anestetici e personale.
La quasi totalità della popolazione – oltre il 90% dei 2,1 milioni di abitanti – è stata sfollata almeno una volta. Più di 1,9 milioni di persone vivono ancora fuori casa, spesso in tende, scuole o strutture improvvisate, costrette a spostarsi ripetutamente a causa dei combattimenti. L’ampiezza dei danni materiali è enorme: interi quartieri sono stati rasi al suolo, mentre le infrastrutture idriche, elettriche e fognarie risultano in buona parte distrutte.
Il collasso dei servizi essenziali si riflette soprattutto sulla fame e sull’accesso all’acqua. L’ingresso degli aiuti è rimasto per mesi irregolare e insufficiente. Le analisi del Famine Review Committee, organismo di riferimento per la classificazione delle crisi alimentari, indicano che varie aree della Striscia si trovano in livelli di insicurezza alimentare tra i più gravi al mondo, con rischio concreto di carestia. Bambini e adolescenti soffrono in modo particolare: la denutrizione acuta è aumentata in modo significativo e i casi di diarrea e infezioni legate all’acqua non potabile sono in crescita.
Il cessate il fuoco non ha prodotto una vera pacificazione. Le Nazioni Unite documentano regolarmente violazioni, bombardamenti mirati e operazioni militari nella parte centrale e meridionale della Striscia. Anche in Cisgiordania la violenza è aumentata, con scontri e raid quasi quotidiani. Israele continua operazioni di recupero degli ostaggi rapiti da Hamas e ha restituito centinaia di corpi nel quadro di accordi negoziati con Qatar, Egitto e Turchia.
Sul piano politico e giuridico la guerra resta terreno di forte conflitto narrativo. Alcuni Stati – guidati dal Sudafrica – hanno portato Israele davanti alla Corte internazionale di giustizia accusandolo di violare la Convenzione sul genocidio, richiamando soprattutto l’elevato numero di civili uccisi, la distruzione sistematica delle infrastrutture vitali e gli ostacoli agli aiuti. Israele respinge con forza le accuse e sostiene che l’operazione militare abbia avuto come unico obiettivo lo smantellamento di Hamas, responsabile del massacro del 7 ottobre 2023 e della presa degli ostaggi. Per i suoi alleati occidentali questa lettura resta ufficialmente valida, sebbene crescente sia la pressione affinché Israele limiti l’uso della forza e garantisca un accesso stabile agli aiuti.
È chiaro, alla luce del quadro internazionale, che Gaza continua a pagare un prezzo umano altissimo. Le strutture statali e comunitarie sono praticamente collassate; la popolazione sopravvive in condizioni di precarietà estrema; la ricostruzione, pur discussa nei negoziati in corso al Cairo e in altre capitali, resta lontana e incerta. Il conflitto su Gaza non è più soltanto un conflitto su Gaza: si intreccia con la crisi in Cisgiordania, con la tensione al confine libanese e con gli equilibri regionali in trasformazione.
Raccontare la “vera situazione” della Striscia significa misurarsi con questa realtà complessa, dolorosa e tutt’altro che conclusa. Significa prendere atto di una crisi umanitaria senza precedenti recenti, di una guerra che continua a produrre vittime anche nel silenzio mediatico, e di una questione politica che nessuno degli attori in campo sembra oggi in grado di risolvere.





