Si può parlare pacatamente di banche senza entrare nelle vicende giudiziarie riguardanti l’acquisizione di Mediobanca da parte di Montepaschi – possibilmente in vista del “boccone più grande” rappresentato dalle Generali – delle quali sono pieni i media in questi giorni? Si può con la lente dell’educazione finanziaria di base, per evitare che i risparmiatori (meglio, i cittadini, perché tutti hanno interesse ad avere un sistema bancario solido ed efficiente) si sentano trascinati in una ennesima disputa, peraltro ahimè già iniziata, tra il potere politico e quello giudiziario, e chiamati, per ragioni ideologiche, a fare il tifo per l’uno o per l’altro, secondo uno schema avvilente e molto negativo per le istituzioni e l’economia del nostro Paese.
Ai cittadini interessa che le banche svolgano bene il loro ruolo, sapendo che tra i banchieri (o aspiranti tali) vi sono ottime persone, oneste, competenti e non necessariamente interessate soltanto a super-profitti e super-paghe, ma anche affaristi e intrallazzatori, più o meno sponsorizzati da qualcuno che li usa per obiettivi che poco o punto hanno a che fare con il “bene comune”. Al quale anche le banche, come e forse più di altre imprese, contribuiscono quando svolgono correttamente il loro fondamentale ruolo. Alle banche, spina dorsale della vita economica, tocca il compito delicato di raccogliere e proteggere il risparmio ma anche di farlo crescere grazie a impieghi ragionevolmente redditizi e senza l’imposizione di oneri o rischi eccessivi, e di trasformarlo in investimenti, permettendo alle imprese di crescere, alle famiglie di ottenere un mutuo per acquistare una casa o di rateizzare un pagamento, alle istituzioni pubbliche di fronteggiare disavanzi di bilancio e, in generale, alle comunità di prosperare. Se il denaro e il credito sono i lubrificanti dell’economia in grado di spingerne il motore, possibilmente alla “giusta” velocità, per evitare inflazione da un lato e recessione dall’altro, il sistema bancario ne manovra i flussi con la raccolta di risparmio e l’offerta di sistemi di pagamento, credito e consulenza finanziaria. Al “bene comune” anche le banche, come e forse più di altre imprese, contribuiscono quando svolgono correttamente il loro ruolo fondamentale.
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Affinché il tutto funzioni, sono però necessarie alcune fondamentali condizioni. Anzitutto, la concorrenza tra le banche, un fattore fondamentale per stimolare efficienza – e dunque prezzi contenuti –, tutela dei risparmiatori e innovazione. Quando più istituti competono tra loro, hanno incentivi a offrire prodotti migliori, servizi digitali più efficienti e oneri più bassi. La concorrenza non è un aspetto tecnico, è un elemento essenziale del funzionamento del mercato, che conferisce libertà di scelta ai risparmiatori, a sua volta necessaria per evitare i danni derivanti da situazioni collusive o, peggio, di monopolio. Anche mercati concorrenziali necessitano però di regole e disciplina affinché l’interesse pubblico sia rispettato. A ciò rispondono la supervisione e il controllo, da parte delle autorità competenti, come la Banca d’Italia, la Bce e le altre autorità finanziare europee alle quali è affidato il compito di assicurare la stabilità finanziaria, evitando perdite di risparmio o, peggio, crisi generalizzate come quella del 2007-2008, scatenata dal virus dell’ingordigia finanziaria negli Stati Uniti e quindi diffusasi e trasformatasi in “Grande Recessione”, con gravi danni per l’intero sistema economico. Una supervisione bancaria efficace garantisce che gli istituti operino in sicurezza e nel rispetto delle norme, proteggendo i depositanti e preservando la fiducia nel sistema, essenziale per l’attività economica. Le autorità di vigilanza monitorano i rischi, fanno rispettare le regole e intervengono quando una banca mostra segnali di debolezza, a evitare il contagio. Un sistema ben vigilato è un sistema in cui i cittadini possono depositare i propri risparmi senza timore che collusioni, cattiva gestione o eccessiva assunzione di rischi li mettano a repentaglio.
Neppure una buona regolamentazione e la relativa supervisione sono però sempre sufficienti a evitare una crisi. Ci vogliono anche strumenti di prevenzione e “scudi”, come il Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) che il nostro Paese si ostina a non ratificare. I sistemi di garanzia dei depositi, le regole di salvataggio delle banche in difficoltà esistono per proteggere i cittadini in modo diretto, assicurando i loro depositi, e indiretto, preservando il funzionamento dell’intera economia ed evitando che problemi isolati si trasformino in crolli generalizzati. La consapevolezza di queste tutele è fondamentale per ridurre le paure nei momenti di incertezza, sorreggere la fiducia e fortificare la resilienza.
Che cosa insegnano questi fondamentali elementi di educazione finanziaria, comprensibili a tutti perché basilari, e come possono essere utili a orientarsi di fronte all’ennesimo scontro tra governo (maggioranza) e giudici? Intanto la complessità del problema specifico (il comportamento di Montepaschi e financo del ministro dell’Economia nell’acquisizione di Mediobanca) dovrebbe suggerire estrema cautela nei giudizi, spesso poco più che schiamazzi contenenti un aprioristico verdetto di colpevolezza o di assoluzione (anche taluni ministri, sempre solerti nell’esprimere pareri sulle situazioni più disparate, vi si sono cimentati). Se è possibile che le norme di concorrenza siano state violate, è nell’interesse dei cittadini, e quindi di chi li rappresenta, che le indagini possano svolgersi in modo sereno, senza condizionamenti mediatici, interferenze o addirittura minacce (ormai diventate rituali).
Sospetti di interferenza del potere politico nelle transazioni tra banche sono deleteri per il sistema, così come lo sono, di ritorno, quelli sui “motivi politici” per l’indagine della magistratura. Evitino politici, magistrati e media di partecipare, per interessi personali, a questo ennesimo “gioco al massacro”. La posta in gioco è alta, e sempre a scapito di un futuro migliore per il Paese.







