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Nel 2022 sostennero che si fosse lasciato cadere nel vuoto. Oggi che qualcuno lo tenesse per un polso: “Esame svolto con un software vecchio e senza licenza”
Giovanni M. Jacobazzi
Per far luce sulla morte del responsabile della comunicazione di Monte dei Paschi di Siena, i carabinieri del Reparto investigazioni scientifiche (Ris) avrebbero utilizzato un software “obsoleto” e di cui non avevano neppure la licerva d’uso.
La clamorosa rivelazione è stata fatta la scorsa settimana dall’ingegnere Giuseppe Monfreda che ha condotto un’analisi indipendente sulla dinamica della caduta di Rossi da Rocca Salimbeni, non compatibile con un gesto volontario come invece ipotizzato in precedenza. Secondo Monfreda, il corpo di Rossi sarebbe stato trattenuto e poi rilasciato, una conclusione che conferma da tempo la tesi della famiglia del manager, assistita dall’avvocato Carmelo Miceli e che ha chiesto la riapertura del caso.
Per realizzare la perizia del 2022 sarebbe stata utilizzata una versione superata e non aggiomata di “Virtual Crash”.
“I carabinieri del Ris non risulterebbero tra gli acquirenti di una licenza del programma”, ha detto Monfreda, titolare unico per l’Italia del software. “Se lo avessero utilizzato – aggiunge – lo avrebbero fatto in violazione del contratto di licenza. La licenza e personale e non trasferibile: se non l’hai acquistata, non puoi usarla”.
Ma come se non bastasse. Monfreda, leggendo la perizia del 2022, ha notato che è stata effettuata “con una versione obsoleta del software, la 3.0, quando era già disponibile la 5.0 da circa un anno e mezzo”. La 3.0, in particolare, non consente la simulazione di corpi animati e quindi non può produrre movimenti precedenti a urti o cadute, come lasciarsi cadere mollando la presa della sbarra.
La testimonianza di Monfreda ha lasciato esterrefatto il senatore Pierantonio Zanettin (Forza Italia) che nella scorsa legislatura era presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Rossi ed aveva dato l’incarico al Ris.
“Per cercare di comprendere cosa fosse accaduto – sottolinea Zanettin la Commissione aveva incaricato di svolgere una superperizia ai reparti di polizia scientifica più accreditati e più esperti del Paese: oltre al Ris, anche il Raggruppamento operativo speciale (Ros) ed il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche (Racis)”.
“Che a distanza di tre anni gli stessi soggetti producano una nuova perizia con esiti esattamente opposti, lascia sconcertati”, prosegue Zanettin, ricordando “che spesso è sulla base di perizie che i processi penali nei tribunali vengono risolti, con conseguenti condanne”.
La prima perizia, si ricorderà, era stata tranchant. “Tra le varie ipotesi sulla morte di Rossi la più compatibile è quella riferibile a un gesto auto-conservativo in cui Rossi, cosciente, si tiene a penzoloni fuori dalla finestra, aggrappato alla barra di protezione con entrambe le mani e infine si lascia cadere nel vuoto sottostante”, aveva detto il colonnello Sergio Schiavone, allora comandante del Ris, illustrando in conferenza stampa a Montecitorio la maxi perizia di circa 900 pagine. “Abbiamo ipotizzato due moti di precipitazione del corpo, uno a candela ed uno con scorrimento sullo sbarra”, puntualizzò il colonnello, ricordando di aver realizzato al computer delle “simulazioni con manichini antropomorfi virtuali”
“La dinamica più compatibile e quella riferibile a un gesto auto-conservativo in cui Rossi, cosciente, sottolineo questo aspetto, si tiene a penzoloni fuori dalla finestra, aggrappato alla barra di protezione con entrambe le mani, e la punta dei piedi e le ginocchia poggiate verso il muro e infine si lascia cadere nel vuoto sottostante rivolgendo la parte anteriore del corpo verso il Palazzo”, concluse Schiavone, precisando che “le altre ipotesi relative alla presenza di terzi che spingono o lasciano cadere il corpo inanimato di Rossi producono dinamiche di caduta non compatibili con la precipitazione del corpo riscontrata nel filmato di video-sorveglianza”.
Tutto un altro scenario, come detto, con l’ultima perizia, affidata dal nuovo presidente della Commissione parlamentare sulla morte di Rossi. il meloniano Gianluca Vinci, sempre al Ris.
“Il dato certo è che quando Rossi è precipitato qualcuno lo teneva per il polso sinistro appeso al balcone, almeno nell’ultimo istante, provocando le lesioni c il distacco dell’orologio”, ha riferito l’altro giorno l’attuale comandante del Ris, il colonnello Adolfo Gregori.
Domanda
In casi come questo scatta l’art. 2 della CEDU?
Risposta
Sì, può scattare l’art. 2 della CEDU nella sua dimensione procedurale. La Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene applicabile l’art. 2 ogni volta che una persona muore in circostanze non chiarite o controverse e impone allo Stato l’obbligo di svolgere un’indagine effettiva, indipendente, approfondita e tecnicamente affidabile. Non è necessario dimostrare una responsabilità diretta dello Stato nella morte: è sufficiente che l’attività investigativa risulti carente, contraddittoria o inadeguata sul piano scientifico. La presenza di perizie ufficiali opposte e l’uso di strumenti tecnici inaffidabili o obsoleti sono elementi che, secondo la giurisprudenza CEDU, possono integrare una violazione di tale obbligo.





