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19 Dicembre 2025Calderoli apre alle Regioni. I geografi: considerare anche i fattori sociali
La discussione sulla nuova classificazione dei Comuni montani si ferma. Ieri la Conferenza unificata Stato-Regioni ha deciso di rinviare l’esame del decreto attuativo della legge proposta dal ministro Roberto Calderoli, accogliendo la richiesta di molte Regioni — soprattutto quelle dell’Appennino come la Toscana, ma anche di alcune alpine — che hanno chiesto un supplemento di analisi. Una frenata significativa su una norma che intende ridisegnare la mappa della montagna .
Il nodo sono i parametri individuati dal Governo — prima di tutto altimetria e pendenza — giudicati troppo rigidi e incapaci di cogliere la complessità dei territori: la Toscana perderebbe 67 Comuni montani. L’obiettivo dichiarato di superare i paradossi del passato, come l’inclusione di grandi città o di Comuni riconducibili a un’orografia marittima — Lucca e Marciana Marina, per fare due esempi — rischia, secondo i critici, di crearne di nuovi. Il rinvio deciso ieri, caldeggiato in prima persona dal presidente della Toscana Eugenio Giani, apre ora una finestra di confronto. Le Regioni chiedono, in sostanza, di rimettere mano ai criteri e di evitare una riforma percepita come divisiva. Sul tavolo resta un dato politico chiaro: senza correzioni sostanziali, l’intesa appare lontana. E la partita è tutt’altro che chiusa, dato che lo stesso Calderoli si è detto disponibile ad accogliere dei correttivi alla sua proposta.
«Non è possibile operare una classificazione che tenga conto solo di parametri quantitativi: è necessario almeno mettere in relazione più fattori per descrivere la condizione subordinata, e quindi bisognosa di attenzione economica e sociale, di un Comune», spiega Luca Martinelli, giornalista che si occupa da sempre di aree interne e autore del libro L’Italia è bella dentro (Altreconomia). «È chiaro l’intento, in parte comprensibile, di sanare alcune storture di una classificazione che oggi appare troppo lasca per certi Comuni, ma il problema sta nell’approccio al territorio e nel significato che si vuole dare all’aggettivo “montano”».
Non si può dunque parlare esclusivamente di «montagna» per riferirsi a una classificazione che dà accesso a una serie di benefici, come tentano di dimostrare anche le prese di posizione del mondo scientifico. In un documento congiunto, le principali associazioni dei geografi italiani hanno parlato apertamente di una «sforbiciata» ai Comuni montani e denunciato un approccio ancorato a criteri obsoleti. «Da decenni — spiegano i geografi — la geografia chiede una definizione multicriteriale di area montana, che tenga insieme fattori fisici, sociali ed economici. Ridurre tutto ad altitudine e pendenza significa favorire alcune aree, soprattutto del Nord, e penalizzarne altre, perpetuando i divari territoriali». Per gli studiosi non si tratta di individuare una «vera montagna», ma piuttosto di giustificare tagli di spesa semplificando la realtà.
Quali criteri, allora, per una vera riforma? Sempre secondo Martinelli, sarebbe opportuno costruire una classificazione che tenga conto almeno di tre parametri: «La densità abitativa, la distribuzione dei servizi essenziali e l’incidenza del dissesto idrogeologico. Sono questi i dati di partenza su cui ragionare per spostare il fuoco dell’intervento rispetto all’esigenza reale dei territori».
Quel che è certo è che la riforma Calderoli ha già creato allarmi e amplificato lo scontento. «Altro che Comuni di serie A o B, qui — intervengono i Comuni del Mugello — finiamo per essere trattati da serie C o D». Secondo il presidente e la giunta dell’Unione montana, i parametri proposti dal governo ignorano isolamento, carenza di servizi e fragilità socio-economiche tipiche dell’Appennino. «Non sono innamorato di nessun criterio», ha detto aprendo al confronto ieri il ministro Calderoli. «Sono propenso a valutare anche un’ulteriore estensione verso quei Comuni che, pur avvicinandosi a tutte le soglie indicate, restano esclusi per poco da ciascuna di esse. Si può prevedere anche un percorso di gradualità per ridurre l’impatto immediato».





