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La giornata internazionale è segnata da un intreccio di crisi geopolitiche persistenti, nervosismo dei mercati e segnali sempre più evidenti dell’emergenza climatica. I principali quotidiani e network globali convergono su un quadro instabile, in cui le scelte politiche di breve periodo faticano a tenere il passo con dinamiche strutturali più profonde.
Sul fronte geopolitico, la guerra in Ucraina resta al centro dell’attenzione. Le testate anglosassoni sottolineano come il conflitto sia entrato in una fase di logoramento, con avanzamenti limitati e un crescente peso della dimensione industriale e logistica. Secondo le analisi del Financial Times e di The Economist, il nodo vero non è solo militare ma politico: la capacità dell’Occidente di mantenere nel tempo un sostegno coerente a Kyiv, in un contesto di opinioni pubbliche stanche e bilanci sotto pressione. Mosca, dal canto suo, continua a puntare su una strategia di resistenza lunga, giocata anche sul terreno energetico e diplomatico globale.
In Medio Oriente, Gaza rimane una ferita aperta. Al Jazeera e Le Monde insistono sulla sproporzione umanitaria del conflitto e sull’isolamento crescente del governo israeliano sul piano internazionale, mentre The New York Times mette in luce le difficoltà della diplomazia statunitense nel tenere insieme alleanze regionali, opinione pubblica interna e credibilità globale. L’assenza di una prospettiva politica condivisa rende fragile ogni tregua e alimenta il rischio di un allargamento regionale.
L’economia globale mostra segnali contraddittori. I mercati finanziari, racconta Bloomberg, oscillano tra l’attesa di un allentamento monetario e il timore che inflazione e tensioni geopolitiche restino più persistenti del previsto. In Europa, Handelsblatt evidenzia la debolezza della manifattura tedesca e il rallentamento dell’export, mentre negli Stati Uniti la crescita regge ma con disuguaglianze sempre più marcate. La Cina, osserva South China Morning Post, continua a sostenere l’economia con interventi mirati, senza però risolvere le fragilità strutturali del modello immobiliare e demografico.
Sempre più centrale è il tema climatico. The Guardian e El País aprono sulle ondate di eventi estremi che colpiscono simultaneamente diverse aree del pianeta, dall’America Latina all’Asia meridionale. Il messaggio che emerge è netto: il cambiamento climatico non è più una variabile futura, ma un fattore che incide già oggi su sicurezza alimentare, migrazioni e stabilità politica. Le conferenze internazionali appaiono in ritardo rispetto alla rapidità dei fenomeni.
Nel complesso, la stampa internazionale restituisce l’immagine di un mondo che procede senza un vero centro di gravità, dove le crisi si sovrappongono e si rafforzano a vicenda. La sensazione dominante non è quella dell’imminenza di una svolta, ma di una lunga fase di transizione incerta, in cui le decisioni mancate pesano quanto quelle prese.





