
Medio Oriente in bilico: tra diplomazia, guerre latenti e nuovi allineamenti
29 Dicembre 2025
Il valzer del mondo: promesse di pace, prove di forza e nuovi equilibri instabili
29 Dicembre 2025Il 2026 si profila come un anno decisivo per molti Paesi africani, attraversati da elezioni, transizioni controllate e ridefinizioni degli equilibri politici. Dall’Africa orientale al Golfo di Guinea emerge un quadro segnato da leadership longeve, competizioni asimmetriche e da un uso sempre più sofisticato degli strumenti del consenso, dove la forma elettorale convive spesso con un forte accentramento del potere.
In Uganda, Yoweri Museveni si prepara a un’ulteriore candidatura con l’obiettivo di estendere il proprio mandato fino al 2031. La sua forza non risiede solo nell’apparato statale o militare, ma in una rete articolata che coinvolge famiglia, servizi di sicurezza, élite economiche e figure del mondo culturale e mediatico. La campagna elettorale diventa così un dispositivo capace di mescolare mobilitazione popolare e controllo, rinnovando l’immagine del potere senza metterne in discussione la sostanza.
In Guinea, al contrario, la scena politica è segnata dall’assenza. Diversi partiti storici hanno deciso di non partecipare alla prossima presidenziale, ritenendo che il voto servirebbe soltanto a legittimare il percorso imposto dalla giunta guidata da Mamadi Doumbouya. L’astensione assume il valore di una denuncia politica, ma rivela anche la progressiva marginalizzazione delle forze civili in un sistema dominato dall’apparato militare.
La Repubblica Centrafricana offre un’altra variante dello stesso schema. Faustin-Archange Touadéra punta sulla continuità come messaggio centrale, presentando il proprio operato come garanzia di stabilità in un contesto fragile e fortemente dipendente da equilibri esterni. La campagna si concentra su un linguaggio pragmatico e amministrativo, mentre il potere resta fortemente accentrato attorno alla presidenza.
Accanto alle dinamiche politiche, si muovono trasformazioni economiche e sociali che contribuiscono a ridefinire il volto del continente. A Gibuti, la rapida espansione edilizia riflette il ruolo strategico del Paese come snodo logistico regionale. Nuovi quartieri e infrastrutture rispondono alla crescita urbana e agli investimenti legati ai traffici internazionali, ma aprono anche interrogativi sulle disuguaglianze e sull’accesso alla casa.
In Senegal, invece, il successo del marchio di borse Néné Yaya mostra come moda, immagine pubblica e potere simbolico possano intrecciarsi. Il sostegno informale delle prime dame ha trasformato un prodotto locale in un segno di riconoscimento nazionale, rivelando una forma morbida di politica economica e culturale, capace di valorizzare le filiere creative attraverso la visibilità istituzionale.
Sul piano regionale, l’Africa orientale si avvia verso una fase particolarmente delicata. Le prossime elezioni in Etiopia e Somalia, insieme al ruolo del Burundi alla guida dell’Unione Africana, contribuiscono ad aumentare la pressione politica nell’area. L’Etiopia resta attraversata da tensioni profonde, mentre in Somalia il processo elettorale rimane fragile e fortemente condizionato dalla sicurezza. All’Unione Africana spetta il compito di bilanciare sovranità nazionali, stabilità e richieste di riforma, in un contesto segnato da crescenti ambizioni di autonomia strategica.
Nel loro insieme, questi segnali raccontano un’Africa in cui il cambiamento non passa necessariamente dall’alternanza, ma dalla capacità dei regimi di ridefinire le proprie basi di legittimazione. Elezioni, sviluppo urbano, consumo culturale e diplomazia regionale diventano così parti di uno stesso dispositivo di potere, in cui la gestione del consenso conta quanto, se non più, la competizione politica formale.





