
Oste, com’è il vino? Buonissimo, naturalmente. Ma Siena non beve più da sola
30 Dicembre 2025
La discussione aperta in queste settimane sulle risorse impiegate dal Comune per le iniziative natalizie merita di essere affrontata senza slogan, ma anche senza indulgenze. I circa 1,6 milioni di euro spesi per luci, eventi, comunicazione e spettacoli non sono di per sé uno scandalo: molte città italiane investono cifre analoghe per sostenere il commercio e rendere più attrattivo il periodo invernale. La vera questione, però, non è quanto si spende, ma che cosa si ottiene e soprattutto quale idea di città orienta quella spesa.
È legittimo che un’amministrazione tenti di contrastare la stagnazione dei mesi invernali e di offrire occasioni di socialità e animazione. È altrettanto legittimo voler sostenere le attività economiche in una fase difficile. In questo senso, il Natale può essere uno strumento, non un capriccio. Tuttavia uno strumento funziona solo se inserito in una strategia riconoscibile, dotata di obiettivi chiari e di criteri di valutazione trasparenti.
Il punto critico sta proprio qui. Al di là della qualità dei singoli eventi, ciò che sembra mancare è una visione complessiva capace di legare spesa pubblica, identità urbana e ricadute durature. Le iniziative appaiono spesso come una somma di interventi scollegati, più orientati a “riempire il calendario” che a costruire un racconto coerente della città. E senza un racconto, anche l’investimento più generoso rischia di dissolversi in un consumo rapido, senza lasciare traccia.
C’è poi un tema più sottile, ma decisivo: Siena non è una città qualsiasi. La sua forza storica e simbolica sta nell’essere riconoscibile, non replicabile. Quando l’offerta natalizia assume forme standardizzate – luci, villaggi, format già visti altrove – il rischio non è solo quello di un ritorno economico incerto, ma di una perdita di identità. L’omologazione, paradossalmente, pesa di più proprio sui luoghi che avrebbero tutto da guadagnare dalla differenza.
Questo non significa invocare un ritorno al passato né rifiutare l’intrattenimento. Significa però interrogarsi sul rapporto tra eventi e progetto culturale. Una città come Siena potrebbe usare il periodo natalizio per rafforzare un’immagine distintiva, intrecciando storia, arti, produzione culturale contemporanea, partecipazione cittadina e qualità dello spazio urbano. Senza questo lavoro di fondo, le luci rischiano di restare decorazione, non linguaggio.
Infine, resta aperta una questione di metodo: la valutazione. Ogni investimento pubblico dovrebbe essere accompagnato da dati accessibili su presenze, permanenze, ricadute economiche e coinvolgimento del tessuto locale. Non per alimentare polemiche, ma per migliorare le scelte future. La trasparenza non è un atto difensivo, è uno strumento di governo.
Il Natale può essere un’occasione importante per Siena, ma solo se smette di essere un evento isolato e diventa parte di una visione più ampia. Altrimenti il rischio è quello di spendere molto per dire poco. E una città che ha costruito nei secoli il proprio prestigio sulla forza dei simboli non può permettersi di parlare a bassa voce proprio quando prova a farsi ascoltare.





