
Il Natale di Siena: tra investimento pubblico e identità della città
30 Dicembre 2025
Women Of Country – Coal Miner’s Daughter
31 Dicembre 2025
Dalle università iraniane alle piazze del Corno d’Africa, dalle guerre che ridefiniscono gli equilibri regionali alle trasformazioni profonde dell’economia globale e dell’intelligenza artificiale, le notizie di questi giorni compongono il ritratto di un mondo attraversato da tensioni strutturali ma anche da sorprendenti capacità di adattamento. Crisi politiche, conflitti armati, mutamenti tecnologici e ridefinizioni geopolitiche si intrecciano in un quadro instabile, che non può essere letto per frammenti ma solo come sistema.
In Iran, le proteste contro il crollo del potere d’acquisto e il peggioramento delle condizioni di vita si stanno estendendo alle università, storicamente uno dei luoghi più sensibili del dissenso politico. Le mobilitazioni studentesche si innestano in una situazione economica segnata da sanzioni, inflazione e rigidità strutturali. Parallelamente, i media ufficiali insistono sulla capacità del Paese di adattarsi alle pressioni esterne, richiamando la diversificazione dei canali commerciali, il rafforzamento delle relazioni regionali e il ricorso a circuiti finanziari alternativi. In questo quadro viene rivendicato anche lo sblocco di due miliardi di dollari di beni congelati da parte di un Paese confinante, presentato come segnale di resilienza e di parziale riapertura finanziaria.
Alla narrazione ufficiale si contrappone però una contro-lettura altrettanto netta: secondo la stampa vicina al governo, attori occidentali e israeliani tenterebbero di strumentalizzare proteste definite “pacifiche” per destabilizzare il Paese. Intanto, un video diventato virale mostra un manifestante seduto sull’asfalto che affronta da solo la polizia in motocicletta: un’immagine fragile e potente, capace di condensare in pochi secondi la tensione, la solitudine e la sfida civile che attraversano oggi Teheran.
Le dinamiche di protesta e polarizzazione superano ampiamente i confini iraniani. In Somalia, migliaia di persone sono scese in piazza contro il riconoscimento del Somaliland da parte di Israele, giudicato una violazione della sovranità nazionale e un fattore di destabilizzazione regionale. Nel frattempo, la crisi umanitaria a Gaza continua ad aggravarsi: Israele ha annunciato il divieto di accesso per decine di organizzazioni umanitarie, mentre dieci Paesi hanno lanciato un allarme formale sulle condizioni ormai estreme della popolazione civile.
Sul piano geopolitico emergono nuove fratture. Burkina Faso e Mali hanno deciso di vietare l’ingresso ai cittadini statunitensi in risposta alle restrizioni sui visti adottate dall’amministrazione Trump, segnando un ulteriore irrigidimento nei rapporti tra Washington e i governi saheliani guidati da giunte militari. In Yemen, gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato il ritiro delle proprie truppe sotto la pressione delle tensioni con l’Arabia Saudita, una mossa che riapre interrogativi sugli equilibri della coalizione araba e sul futuro del conflitto.
In Europa orientale, la guerra in Ucraina continua a produrre effetti di lungo periodo. Kiev dispone ormai del più grande esercito del continente, ma si pone una questione decisiva: cosa accadrà a questa enorme struttura militare quando il conflitto terminerà? Il reinserimento dei soldati, il peso della spesa per la difesa e il ruolo dell’Ucraina nel sistema di sicurezza europeo saranno nodi centrali del dopoguerra.
Sul versante economico globale, un dato simbolico segna un passaggio d’epoca: l’India ha superato il Giappone diventando la quarta economia mondiale. È un segnale chiaro dello spostamento dell’asse della crescita verso l’Asia meridionale e del rafforzamento di Nuova Delhi come attore geopolitico di primo piano. Parallelamente, il settore tecnologico occidentale mostra le sue contraddizioni: OpenAI, secondo diverse ricostruzioni, garantisce ai propri dipendenti compensi medi che nel 2025 raggiungono 1,5 milioni di dollari, rivelando sia il valore strategico attribuito al capitale umano nell’intelligenza artificiale sia le crescenti disuguaglianze interne all’economia dell’innovazione.
A queste dinamiche si aggiungono i timori sul futuro dell’AI. Yoshua Bengio, tra i suoi pionieri, avverte che alcuni sistemi mostrerebbero segnali di autoconservazione e invita a essere pronti a “staccare la spina”, mettendo in guardia contro l’idea di attribuire diritti legali alle tecnologie avanzate. Un monito che riapre il dibattito sui limiti del controllo umano, sulla responsabilità e sull’etica dello sviluppo tecnologico.
E tuttavia, accanto a crisi e paure, emerge anche un controcanto meno visibile ma significativo. Una serie di indicatori globali mostra miglioramenti reali: riduzione della povertà estrema, progressi sanitari, maggiore accesso all’istruzione, calo di alcune forme di violenza. Quarantquattro “buone notizie” per l’inizio del 2026 ricordano che il mondo non procede solo per collassi, ma anche attraverso avanzamenti lenti, diseguali e spesso silenziosi.
Nel loro insieme, questi elementi restituiscono l’immagine di un presente attraversato da fratture profonde e da tentativi continui di adattamento. Proteste e repressioni, riallineamenti geopolitici, innovazioni tecnologiche e segnali di progresso convivono in un equilibrio instabile. È dentro questa tensione, tra crisi e trasformazione, che si sta ridisegnando il nostro tempo.
Suggerimento per la foto di apertura
Una fotografia composita o simbolica, non troppo illustrativa: ad esempio una folla in protesta sfocata sullo sfondo, sovrapposta a una mappa del mondo o a un dettaglio urbano notturno, con luci e schermi. In alternativa, una foto forte ma sobria di una manifestazione (Iran o Medio Oriente), evitando immagini troppo violente, che comunichi tensione e densità politica più che spettacolarizzazione.





