L’avvertimento
13 Agosto 2022What is a feminist image? A century of female photographers – in pictures
13 Agosto 2022di Marcello Sorgi
L’uscita di Berlusconi sul presidenzialismo, con conseguenti dimissioni di Mattarella è criticabile per molte ragioni, prima tra tutte la gaffe verso il Capo dello Stato, che non dovrebbe essere tirato in ballo nella campagna elettorale. Capire cosa sia passato per la mente del Cavaliere non è facile, al di là del desiderio di stare sulla scena, per cercare di rimpolpare i gracili sondaggi di Forza Italia. Da oggi però il fior fiore dei giuristi si eserciteranno, non per capire se la riforma sia possibile, ma cosa succederebbe se davvero fosse approvata.
Dice giustamente Il leghista Calderoli che sarebbe il testo stesso della legge costituzionale a indicare le modalità del passaggio delle consegne tra l’ultimo Presidente eletto in Parlamento e il primo Capo dello Stato scelto dal popolo. Decisiva sarebbe la data di entrata in vigore della riforma: basterebbe che il testo facesse riferimento alla conclusione del mandato del Presidente in carica, senza indicare giorno, mese e anno, per frenare la fretta di arrivare all’elezione diretta e nello stesso tempo stimolare la sensibilità dell’inquilino del
Quirinale.
Conoscendo Mattarella, è chiaro che non insisterebbe a completare il secondo settennato. Siccome non è pensabile che Berlusconi abbia voluto deliberatamente essere scortese verso il Presidente che ha contribuito a rieleggere, dopo la rinuncia alla propria candidatura per il Colle, è più probabile che volesse accennare al delicato passaggio tra vecchia e nuova liturgia repubblicana. Da affrontare, è il caso di sottolineare, con la dovuta serietà, senza “buttarla in caciara” com’è appunto avvenuto durante il recente tentativo – fallito – di trovare un successore a Mattarella.
Proviamo a fare due conti: due anni, il 2023 e il ‘24, se n’andrebbero tra approvazione della riforma costituzionale e referendum confermativo. Poi si aprirebbe il periodo della campagna elettorale per le presidenziali, del voto, della proclamazione e dell’insediamento al Quirinale. Non meno di due mesi, forse tre. E se Mattarella decidesse di lasciare al momento del varo parlamentare della riforma, chi gestirebbe l’interregno? Il Presidente del Senato, dice la Costituzione. E chi è già ora un forte candidato per lo scranno più alto di Palazzo Madama?