Por una Cabeza (Original) – Tango – Carlos Gardel
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27 Settembre 2022di Franco Camarlinghi
Il mondo di ieri di Stefan Zweig è un libro che ancora si legge come fonte di conoscenza di quelle che erano state l’Austria, Vienna e l’Europa prima della Grande Guerra e dopo, fino ai primi anni della Seconda Guerra Mondiale. La «Felix Austria» è la prima parte del racconto di Zweig che, a dimostrazione della sua attualità, reca come sottotitolo: «Ricordi di un europeo». Per tanti anni in molti, scrivendo della Toscana, aggiungevano un felix, non per ricordare il Granducato, ma per definirne un equilibrio di vita che derivava dalla natura della regione e dalla buona politica che la distingueva o almeno che si credeva la distinguesse. Ecco, ora sarebbe venuto il momento di prendere la penna in mano e — ammesso che qualcuno ne avesse la capacità — scrivere Il mondo di ieri nel ricordo di una Toscana che non c’è più. Intendiamoci: che la Toscana Felix (seppure mai ci sia stata) fosse diventata come la Titina che si cerca e non si trova, era chiaro già da tempo, per cause economiche, sociali e infine politiche.
Ma niente era mai apparso come un canto di congedo quale il risultato elettorale delle politiche di domenica.
Il congedo di una classe politica che per decenni si era sentita quasi intangibile, via via aggredita con più efficacia da avversari che però non raggiungevano mai un risultato definitivo e alla fine consentivano a chi il potere l’aveva tenuto fra le mani da sempre di continuare a mantenerlo.
Questa classe dirigente era la sinistra toscana la cui origine era in massima parte da rintracciarsi nel Pci, ma che nei suoi diversi rinnovamenti (in realtà più supposti che veri) era certamente stata capace di mantenersi a galla anche dopo il crollo del Muro di Berlino.
Dopo i risultati di domenica scorsa, nessuno potrà nascondere o diminuire il senso di un tracollo che chiude per sempre la possibilità di tornare a equilibri paragonabili a quelli che hanno assicurato la sopravvivenza non tanto di una classe dirigente, quanto di un ceto politico attento a conservare una posizione, ma senza sapere quasi più come fare. I segnali c’erano stati ma, come sempre succede nel tempo della decadenza, i protagonisti invecchiati nella gestione del potere, non se ne sono accorti.
La Toscana rossa che non c’è più, per quanto riguarda l’amministrazione delle sue città capoluogo di provincia aveva chiaramente dimostrato l’andamento delle cose. Con le ultime elezioni amministrative sette Comuni su dieci erano diventati patrimonio del centro destra e oggi la sfida per la conquista della Regione non è più un sogno soltanto e lo vedremo fra tre anni.
Ora su tredici collegi uninominali, dieci li ha presi la destra, alla sinistra ne sono rimasti tre e tutti fra Firenze, Campi e compagnia territoriale, il centrodestra prevale nella regione e il partito della Meloni se la batte con il Pd e, anzi, al Senato prevale di un soffio.
Per inciso occorre sottolineare il fatto singolare della resistenza della capitale della Toscana: l’analisi del perché richiede una riflessione a parte: infatti si lega a situazioni simili in altre grandi città del Paese.
La chiave del successo della destra è certamente nelle mani della leader di Fratelli d’Italia anche al di qua degli Appennini, e questo non è tanto sorprendente per i cittadini, che in gran parte hanno fatto la scelta di cambiare volto a una regione che dal rosso ha cominciato da tempo a scolorirsi, per poi dare una botta di scuro finale come quella di questi giorni.
È invece una sorpresa per i dirigenti di un partito come il Pd che non ha colto il senso nazionale che fin dall’inizio della campagna per il voto del 25 settembre avrebbe assunto il risultato toscano, di fronte all’evidente necessità di restare un baluardo insieme a pochi altri per impedire l’affermazione dilagante della destra. Non si è dato alla Toscana nessuna evidenza particolare, supponendone una resistenza all’assalto degli avversari quasi fosse dovuta a una storia che potesse prescindere da qualsivoglia contraddizione attuale. È sembrato quasi che ci fosse una sfida di rimessa, spesso fra ignoti, mentre alcune delle personalità che più erano state utili nella legislatura passata venivano messe in campo solo per perdere, come infatti è successo a esempio nel caso del giurista pisano Ceccanti.
Per tornare indietro un attimo: ignoti per ignoti, i toscani che volevano in ogni modo cambiare non hanno avuto difficoltà a scegliere chi perlomeno sembrava loro nuovo, per il fatto di non far parte delle vecchie nomenclature. Di certo in questa vicenda, come del resto in generale, appare con evidenza la crisi della sinistra italiana e del Pd di Enrico Letta che non a caso metterà fine alla sua leadership con il prossimo congresso del suo partito. La caduta dei democratici non viene compensata da nient’altro: Calenda e Renzi ottengono un buon risultato a Firenze, anche in Toscana, ma non cambiano niente per il momento né sul piano nazionale, né su quello locale. Comunque, quello che è avvenuto in Toscana e che solo i numeri possono rendere in tutta chiarezza, appartiene anche alla responsabilità dei gruppi dirigenti locali, diciamo del centro sinistra ma per essere onesti del Partito democratico, che non hanno giocato la loro partita in alcun modo che sia sembrato perlomeno utile.
Quale proposta originale, legata allo specifico di una storia e di un’attualità di quella che fu una regione presente nell’opinione europea non solo per le sue bellezze a uso e consumo turistico, ma per l’importanza della propria capacità culturale contemporanea e, non con minore rilievo, per una tradizione politica criticabile quanto si vuole, ma certamente degna di essere considerata importante e originale? Il Pd toscano non ha saputo che tacere o fare politica di routine, oppure retorica sul solito pericolo fascista, senza progetti legati a un’attualità che di veri spunti drammatici non se ne fa mancare nemmeno uno. Non importa essere Tiresia per predire che sarà assai difficile riprendere il cammino per una sinistra che è riuscita a fare in modo di raggiungere una sconfitta come quella che abbiamo sotto gli occhi, soprattutto nel Mondo di ieri che fu la Toscana.
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