Che cosa gestirà in concreto la cabina di regia voluta da Giorgia Meloni per attuare il Piano Mattei? La domanda è legittima visto che finora da Palazzo Chigi non è trapelata nessuna informazione sui progetti che dovrebbero trasformare il piano «per lo sviluppo in Stati del Continente africano» da un elenco di buone intenzioni finalmente in realtà. Ieri la Camera ha bocciato tutti i 70 emendamenti al decreto che introduce il Piano Mattei e per oggi è previsto il via libera definitivo al testo. «Non è una scatola vuota, sarà riempito di contenuti», ha assicurato in aula il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli rispondendo alla critiche delle opposizioni, ma rimandando ogni informazione ulteriore alla conferenza Italia-Africa che si terrà a Roma il 28 e 29 gennaio.

DI CERTO più che fermare i flussi di migranti verso l’Europa come la premier promette (compito difficile da realizzare almeno per le prossime generazioni di giovani africani), il piano servirà al governo per dar vita a una serie di partenariati economici con alcuni Stati africani con l’obiettivo, tra l’altro, di trasformare l’Italia in un hub europeo del gas. Ma procediamo con ordine.

LA GESTIONE del Piano spetterà a una cabina di regia presieduta dal presidente del consiglio e della quale fanno parte il ministro degli Esteri (vicepresidente), altri ministri, il presidente della Conferenza delle regioni, il direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, il presidente dell’Ice e i rappresentanti di Cassa depositi e prestiti, Sace e Simest. Tra i compiti della cabina c’è anche quello di «promuovere iniziative finalizzate all’accesso a risorse messe a disposizione dall’Unione europea e da organizzazioni internazionali».

IL DECRETO prevede inoltre la creazione di una struttura di missione che sia di supporto a presidente e vicepresidente della cabina di regia coordinata da un appartenente alla carriera diplomatica e articolata in quattro uffici. Per quanto riguarda gli ambiti di intervento sui quali si muoverà il Piano, l’elenco è lungo: energia, istruzione, formazione, ricerca, salute, agricoltura, sicurezza alimentare, lotta al cambiamento climatico, gestione risorse e, infine, contrasto all’immigrazione irregolare. «Finora non ha funzionato un certo approccio paternalistico e predatorio», ha spiegato Meloni nella conferenza stampa di fine anno. «Quello che va fatto in Africa non è carità ma partnership strategiche da pari a pari».

FIN QUI le buone intenzioni, che sembrano però più attente agli affari che ai problemi dell’immigrazione. Resta da capire come il governo intende realizzarle. E’ chiaro che l’Italia non può fare tutto da sola e punta a coinvolgere nel progetto anche l’Unione europea, ma non solo. Il problema è che finora, però, nessuno sembra aver accolto l’invito. La conferenza Italia-Africa di fine mese servirà probabilmente a sciogliere qualche dubbio ma al momento pare che l’unico progetto pronto sarebbe quello riguardante la Tunisia al quale avrebbe lavorato l’ex ambasciatore italiano a Tunisi Fabrizio Saggio, da pochi giorni consulente diplomatico della premier. Per quanto riguarda i fondi, ci sarebbe solo l’annuncio fatto lo scorso ottobre da Meloni di destinare al Piano Mattei tre miliardi di euro del Fondo per il clima. Pochi, anche senza polemizzare sulle scelta di togliere soldi all’ambiente per destinarli all’Africa.

«La montagna non ha partorito neppure un topolino», ironizza il vice presidente del Pd alla Camera, Toni Ricciardi. «La triste verità è che il Piano Mattei è solo fuffa e propaganda utile a far credere che tutto un tratto abbiamo risolto i nostri problemi con il continente africano».
Di «progetto vuoto» parla anche Benedetto Della Vedova. «Il Piano Mattei stravolge la legge sulla cooperazione internazionale, sposta risorse e ruoli dal ministro degli Affari esteri accentrandola a Palazzo Chigi – prosegue il deputato di + Europa – e tutto questo con un decreto legge che alla Camera passerà de plano».