«Va avanti così da fin troppo tempo. La definirei la tendenza della politica ad eternare sé stessa. E uso la parola non a caso. Invece di cercare nuovi elettori, puntano a fotografare l’esistente».

Pensa che la politica si stia facendo delle domande?

«Temo di no. Non si va oltre la discussione su “abbiamo vinto”. E invece occorrerebbe porsi una questione scomoda: perché in questa tornata di amministrative è sparito il voto di opinione?».

Si spieghi meglio.

«Fatte salve le Marche, che per un po’ sono sembrate contendibili, c’è una sola Regione in cui il voto è andato diversamente dalle attese?».

 

 

No.

«Appunto. E la ragione è che si è mobilitato principalmente lo zoccolo duro degli elettori».

Dunque secondo lei non è vera la tesi secondo la quale parte dei voti della destra sono andati a sinistra?

(Ghisleri scoppia a ridere, ndr) «Non è così. Prendiamo la Campania: 580mila elettori in meno delle precedenti regionali. Vincenzo De Luca aveva ottenuto poco più di 1,6 milioni di voti, Roberto Fico poco più di 1,2, dunque 400mila in meno. Il centrodestra, regionali su regionali, guadagna 250mila voti».

Il Pd comunque è andato bene.

«Il voto a favore di Fico è stato trainato da loro e dalle liste civiche: ad esempio “Casa riformista” del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, quella di De Luca e le altre collegate».

E in Veneto?

«La Lega e la coalizione sono andate bene grazie soprattutto alle oltre duecentomila preferenze del presidente uscente Luca Zaia, e nonostante il centrodestra abbia perso 400mila voti rispetto alle precedenti regionali. Il traino è stato per il Carroccio: rispetto al 2020 ha duplicato i voti, addirittura triplicati se confrontati con le europee del 2024».

 

 

Quindi cosa dicono questi numeri?

«Vanno bene i candidati che presidiano il territorio, quelli che incarnano precise identità locali. Lo si vede anche dai numeri della Puglia, dove Antonio Decaro, pur dovendo fare i conti con un’astensione altissima, ha ottenuto per il Pd e la sua lista risultati ottimi. Non solo: è l’unico dei governatori vincenti che ha aumentato i voti in termini assoluti. Michele Emiliano ne aveva ottenuti 760 mila, Decaro 830mila».

Ma non si è visto il voto di opinione.

«In queste elezioni è quasi sparito. L’aver votato su quattro date non ha aiutato: se ci fosse stato un election day per tutte le Regioni forse le cose sarebbero andate diversamente».

E dunque questo voto non è significativo guardando alle elezioni politiche del 2027? Per la sinistra il governo è contendibile?

«Difficile dirlo oggi. Di certo non è stato un test nazionale significativo, no. Giorgia Meloni ha partecipato alla campagna elettorale, ma la sua presenza non ha quasi mai fatto la differenza. Il perché è nelle ragioni che le dicevo prima: la gente ha più o meno votato come tutti si aspettavano avrebbe votato».

I temi nazionali non hanno pesato? Ad esempio: il centrodestra non ha pagato l’abolizione del reddito di cittadinanza in Puglia e Campania?

«In Campania parrebbe di sì. Direi che quando un’elezione prende una piega locale determinati temi nazionali è meglio non cavalcarli. Non credo ad esempio abbia fatto bene al Sud la discussione di questi giorni sull’autonomia differenziata, più utile per il consenso in Veneto».

Lei prima accennava alla politica che si eterna. Cosa consiglierebbe a chi vuole ridarle dignità?

«La gran parte dei cittadini pensa sia difficile cambiare lo stato delle cose. Dietro a questa percezione ci sono ragioni profonde, più grandi di noi e per le quali non esistono risposte semplici. Ma…».

 

 

Ma?

«Se la politica andasse oltre gli slogan, sarebbe un passo avanti. Non basta più dire: “abbatteremo le liste d’attesa”, oppure “meno tasse per tutti”. Oggi, se creo un’aspettativa, è bene in qualche modo soddisfarla, diversamente il giudizio sarà molto negativo».

Lei ha citato l’esempio della Puglia, dove c’è un serio problema con le liste d’attesa negli ospedali. Come mai allora il candidato del Pd è andato così bene?

«La scelta di Emiliano di non ricandidarsi ha generato una discontinuità nella continuità».

Proviamo a ricapitolare. Questo voto non ha spostato nulla, non è significativo per il governo, ha premiato solo i partiti a cui erano legati candidati credibili sul territorio. E’ così?

«Corretto, ad oggi non c’è stato un significativo spostamento di consensi a livello nazionale. Il percorso da qui alle elezioni politiche sarà complicato, perché gli italiani pretendono sempre più risposte pratiche ai loro problemi quotidiani, e con maggiore severità. Sono stanchi della polarizzazione politica su qualsiasi argomento, e di vedere i partiti azzuffarsi su qualunque tema».

Sta dicendo che l’opinione pubblica è più avanti di come la percepisce la stessa politica?

«In un certo senso sì. I cittadini desiderano di essere al centro del dibattito».

Si parla di riforma della legge elettorale. Peserà?

«Quale che sarà la proposta, per riprendere fiato la politica dovrà andare nel territorio cercando di non calare i candidati dall’alto. Sia il voto d’opinione sia quello radicato nel territorio necessitano di proposte e messaggi credibili. E’ una delle lezioni che abbiamo imparato da queste amministrative».