«Un giovane uomo come tanti era partito da Amburgo, sua città natale, diretto in piena estate a Davòs-Platz, nel Cantone dei Grigioni. Vi si recava in visita per tre settimane». Così inizia La montagna magica, romanzo chiave della letteratura europea. Uscito giusto cent’anni fa, il 28 novembre del 1924, il libro riscosse immediato ed enorme successo.
Il protagonista, Hans Castorp, lascia la borghesia mercantile del Mare del Nord per un breve soggiorno in una lussuosa casa di cura alpina. Vi resterà per anni. Il suo è un viaggio iniziatico e spirituale, attraverso la malattia e la sofferenza dei pazienti del sanatorio, verso il crepuscolo di una civiltà. Perché a Davos veniva tutta Europa. Non come oggi per incontrare i potenti della Terra che a gennaio qui si danno convegno, ma per provare a guarire il morbo che in quegli anni uccideva una persona su sette. Tubercolosi, tisi, peste bianca, male sottile, consunzione. Si calcola che nel XX secolo il bacillo di Koch abbia falciato circa cento milioni di persone, oltre ad aver popolato i romanzi di centinaia di eroine ed eroi romantici e disgraziati.
Entrare all’Hotel Schatzalp è come entrare nel romanzo di Mann. Il telegrafo, il telefono, i bagni, persino le indimenticabili sdraio della cura del sole, prescritta dal Dottor Behrens a tutti i pazienti, sono rimaste uguali. Schatzalp prima di diventare albergo nasce come sanatorio, il più importante, lussuoso e innovativo del mondo. Ed è proprio qui, rendendo visita alla moglie in cura, che a Thomas Mann viene l’ispirazione per il libro.
«Lassù in cima si trova il sanatorio Schatzalp. D’inverno devono trasportare i cadaveri giù in bob perché le strade sono impraticabili», scrive Mann, e, per quanto macabro possa sembrare oggi, accedeva proprio così. Il sanatorio Schatzalp fu il trionfo e apoteosi del lungimirante imprenditore Willem Jan Holsboer. Svizzero-olandese, fu pioniere delle ferrovie e dell’industria del turismo. Nasce uomo di mare. Fa carriera fino al grado di capitano, poi, trasferitosi a Londra, diventa banchiere. Quando la moglie si ammala di tisi, la porta a Davos, dove – si diceva – il medico Alexander Spengler ha trovato una cura. Così avviene il fortunoso incontro che cambierà i destini di entrambi.
Spengler è a sua volta un personaggio. Medico tedesco ha partecipato alla rivoluzione del 1848. Indi, l’esilio in Svizzera, dove scopre l’arcana vallata di Davos. Si convince presto dei benefici dell’alta montagna per i tubercolotici e inizia un’innovativa pratica terapica. Purtroppo la moglie non sopravvive, ma Holsboer intuisce il potenziale delle cure di Spengler. Erano molti i malati facoltosi che non avrebbero badato a spese pur di guarire. Da qui l’idea di costruire sanatori di lusso.
A cavallo del secolo si contano già oltre 600.000 pernottamenti l’anno: le fattorie di Davos-Platz sono diventate un luogo di cura di fama mondiale, con arrivi persino dall’India e dall’Iraq. Teste coronate, uomini politici, intellettuali, artisti. In realtà e purtroppo, la cura non è molto efficace. Più che altro serve a tenere i pazienti lontani dal clima pestilenziale delle città. Londra, Parigi, Amburgo erano riscaldate a carbone e circondate da fabbriche, cosicché l’aria pura di montagna e il sole erano già di per sé un toccasana.
Fin dall’inizio, lo Schatzalp è destinato a essere “senza precedenti”. Una cattedrale della modernità, dotata di ascensori idraulici, luce elettrica, acqua calda e fredda in tutte le stanze e la prima macchina a raggi X del mondo, per radiografare i polmoni martoriati degli ospiti.
Holsboer non riuscì a vedere ultimato il suo capolavoro. Morì due anni prima l’inaugurazione, avvenuta emblematicamente nel 1900. La clientela internazionale amò enormemente Schatzalp: la lunga facciata a terrazze, strategicamente orientata a mezzogiorno. Le leggendarie sedie a sdraio, tuttora conservate intatte e identiche, dove i pazienti stavano distesi per ore, come prescritto dalla famosa cura. La sala da pranzo, la cui porta Madame Chauchat – la misteriosa donna di cui Castorp si innamora – fa sbattere ogni volta che vi entra. L’orologio che scandiva inesorabile quelle giornate tutte uguali, sebbene quassù il tempo sembrava non passare mai. Finché, una mattina o una notte, era passato tutto di colpo e troppo in fretta.
Il luogo ideale per ambientarvi un romanzo crepuscolare: un luogo dove l’Europa intera, ormai malaticcia ed esangue, si dà convegno per filosofeggiare sulla vita e contemplare la morte, nella sua inesorabile attesa. Qui Gugliemo II di Hohenzollern, l’umbratile imperatore tedesco, fece arredare ben tre stanze. Le tenne riservate per sé e per la famiglia per dieci anni. Per fortuna sua – e forse anche degli altri ospiti – non vi mise mai piede. Il suo carattere intrattabile infatti era noto fin nei più remoti angoli dell’Impero. Nulla è cambiato nella sua stanza: ci si può persino dormire.
Questa incredibile attenzione a mantenere viva l’epoca mitica dei sanatori non stupisce più, quando si scopre che lo Schatzalp è ancora proprietà dei discendenti di Holsboer e Spangler. Preservarne la storia, la bellezza e soprattutto l’anima è quindi una questione di famiglia.
La scoperta di una cura efficace con la streptomicina a metà del Novecento mette fine all’epidemia, ma anche all’era seducente e melanconica dei sanatori. Lo Schatzalp diventa albergo, ma l’atmosfera resta la stessa: la sala radiologica trasformata in bar, dove servono ottimi cocktail, balsamo per l’anima più che per il corpo. I bagni con l’armadietto dei medicinali: ad aprirli pare di sentire ancora l’odore acre dei farmaci! Persino i libri della biblioteca: in effetti, il tempo per leggere qui non mancava.
Il silenzio, la luce di gesso, l’isolamento sono gli stessi descritti da Mann. Inducono ancora all’introspezione e alla meditazione filosofica: alla mindfulness, come si dice oggi. Forse non bastano a curare i polmoni, ma di certo curano l’anima.
Di questi tempi, si evoca spesso lo spettro del patto di Monaco del 1938. Eppure, l’Europa di oggi ricorda piuttosto quella neghittosa di Mann: sonnambula, si aggira come un’inferma in cerca di sé stessa. Tempo di riaprire il libro di Mann!