
Ars Lucis: il Palazzo Pubblico diventa racconto globale
27 Settembre 2025
L’aeroporto di Siena-Ampugnano non è più un caso locale. Con i 34,5 milioni di euro di investimenti annunciati da ENAC Servizi – di cui 16 per un grande impianto fotovoltaico – lo scalo viene presentato come caso pilota per il rilancio degli aeroporti minori.
Non si tratta, dunque, di un intervento spot, per quanto discutibile, ma di un vero e proprio progetto Paese: una strategia nazionale in cui ENAC, attraverso la sua società in house, si assume il ruolo diretto di gestore e promotore di un nuovo modello di infrastrutture aeroportuali.
Il nodo centrale è la confusione di ruoli. Se ENAC gestisce, tramite ENAC Servizi, un intero pacchetto di scali minori, la distinzione tra regolatore e operatore diventa problematica. Sul piano legale la separazione è reale, perché consente di rispettare le norme europee e usare uno strumento più agile. Ma sul piano sostanziale la separazione è solo apparente: ENAC fissa gli obiettivi, approva gli investimenti, controlla l’operato della società. Di fatto regola e gestisce nello stesso tempo.
Una simile dinamica, tollerabile in casi eccezionali come quello di Pantelleria per garantire la continuità del servizio, diventa assai più grave se viene elevata a modello nazionale: si rischia di mettere in discussione la neutralità del regolatore e di alterare l’equilibrio competitivo con i gestori privati.
Da qui l’operazione Ampugnano assume il significato di una vera e propria scelta di politica industriale. Non riguarda solo Siena: introduce un modello di governance che può essere replicato in altri scali. E qui si manifesta la contraddizione di fondo: se ENAC è al tempo stesso arbitro e giocatore, chi garantisce che le regole siano applicate in modo equo?
Occorre considerare seriamente le implicazioni ambientali e territoriali. Il progetto promette “riqualificazione senza impatto ambientale” e un piano fotovoltaico per la decarbonizzazione, ma non chiarisce pienamente le emissioni, il rumore, il consumo di suolo e gli effetti sulla falda idrica. Critiche emergono da forze politiche locali: l’impianto fotovoltaico da 20 ettari è visto come consumo di suolo agricolo e come possibile operazione di greenwashing, con benefici incerti per i cittadini del territorio.
Un progetto di questa portata, inoltre, non può vivere isolato. Deve essere inserito in una strategia di mobilità integrata che faccia del treno l’asse portante dei collegamenti interni e degli aeroporti minori strumenti complementari per le aree periferiche, i distretti produttivi e il turismo di qualità. Senza questa visione d’insieme, il rischio è di finanziare infrastrutture senza domanda reale, in concorrenza con il ferro anziché in sinergia.
E poi c’è il rapporto con i cittadini: chi ascolta davvero il territorio? Diversi soggetti locali – associazioni, partiti, amministrazioni comunali – denunciano di essere stati esclusi dal processo decisionale, con scarsa trasparenza sui numeri reali e sui costi ambientali. Le prime voci critiche hanno sottolineato il rischio di un “aeroporto per pochi, con costi ambientali per tutti”, mettendo in discussione metodo, benefici e ricadute concrete per i cittadini.
Se questo è davvero il nuovo ruolo che lo Stato intende assegnare a ENAC e alla sua società in house, la contraddizione non può più essere ignorata. Qui non si tratta di una misura emergenziale per tenere aperto un aeroporto: Ampugnano diventa il luogo in cui esplode il conflitto tra funzione di regolatore e funzione di gestore. Una contraddizione che, se non affrontata a livello politico e normativo, rischia di erodere la credibilità di ENAC come arbitro imparziale e di spostare il baricentro del sistema aeroportuale verso una gestione opaca e autoreferenziale.