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Le recenti affermazioni del ministro Giuli su Siena mi hanno colpito per la loro natura ibrida: da un lato contengono elementi di verità storica innegabili, dall’altro presentano alcune criticità che ritengo meritino un approfondimento.
È innegabile che Siena abbia scritto pagine importanti della storia italiana. La città fu protagonista del sistema bancario medievale europeo, con le famiglie Piccolomini, Salimbeni e Tolomei che operavano nelle principali piazze finanziarie del continente. Il riferimento al Santa Maria della Scala è inoltre pienamente giustificato: fondato nel IX secolo, rappresenta effettivamente uno dei primi esempi di assistenza organizzata ai pellegrini della Via Francigena, testimoniando un’antica cultura dell’accoglienza che dovremmo valorizzare.
Tuttavia, definire Siena “città antesignana del modello di civiltà moderna e contemporanea” mi appare una forzatura celebrativa che non rende giustizia alla complessità della storia europea. Se è vero che la repubblica senese sviluppò istituzioni innovative e un sistema urbano avanzato, altre realtà – da Firenze alle città fiamminghe, dalla Lega Anseatica ai comuni lombardi – hanno contribuito in misura altrettanto, se non maggiormente, significativa alla formazione della modernità europea. Attribuire a una singola città un primato così vasto rischia di semplificare processi storici molto più articolati.
Più problematico trovo il riferimento a “Ermete Trismegisto” nel pavimento del Duomo. In realtà, la figura rappresentata è Ermes Trismegisto, personaggio della tradizione ermetica rinascimentale. Al di là della questione nomenclaturale, che può sembrare un dettaglio, rimane per me discutibile il collegamento tra questa iconografia – peraltro comune in molte chiese del Rinascimento – e il presunto primato di Siena nella civiltà moderna. Il ministro sembra cercare connessioni simboliche che, francamente, appaiono più suggestive che storicamente fondate.
Infine, il collegamento tra il Santa Maria della Scala e la “custodia del paesaggio” mi risulta particolarmente artificioso. L’ospedale medievale nacque con finalità assistenziali specifiche, legate alla cura dei pellegrini e dei bisognosi, non con intenti di tutela ambientale o paesaggistica nel senso contemporaneo del termine. Forzare questa connessione per giustificare politiche attuali mi sembra un esercizio retorico poco convincente.
Le parole del ministro riflettono un approccio celebrativo comprensibile in un contesto istituzionale, ma rischiano di sovrapporre alla ricchezza storica effettiva di Siena interpretazioni che non convincono del tutto. Siena merita di essere celebrata per quello che realmente è stata: un importante centro medievale e rinascimentale, crocevia di culture e innovazioni, senza bisogno di attribuirle primati storici discutibili o di costruire collegamenti concettuali che sembrano più funzionali alla retorica politica che alla comprensione storica.
Una narrazione più sobria e storicamente accurata servirebbe meglio sia la memoria della città che il dibattito pubblico sulla tutela del patrimonio culturale italiano, evitando quella tendenza all’enfasi celebrativa che spesso caratterizza il discorso istituzionale nostrano.