Commettere degli «errori di calcolo» potrebbe «avere conseguenze fatali». È un avvertimento durissimo quello che arriva dalla Russia. Parole di fuoco che prendono di mira il permesso che gli Usa hanno dato a Kiev di colpire in territorio russo con armi americane. E che hanno un destinatario ben preciso. «Vorrei mettere in guardia i leader americani», ha infatti detto il numero due della diplomazia russa, Sergey Ryabkov, per bocca del quale Mosca ieri è tornata a fare la voce grossa.
Nonostante l’ira di Mosca, i soldati ucraini potrebbero però aver già lanciato un primo attacco in Russia con le armi fornite da Washington. Stando a voci non confermate riportate dai canali Telegram Dva Majora e Astra, e riprese dall’Ansa, le truppe di Kiev avrebbero infatti usato i missili Himars per colpire sistemi di difesa aerea S-300 e S-400 nella regione russa di Belgorod, a ridosso della frontiera con l’Ucraina, dove in un altro raid sarebbe morto un civile. L’attacco sarebbe avvenuto domenica, ma non sono al momento verificate le immagini che sembrano mostrare mezzi militari in fiamme e altissime colonne di fumo nero che si alzano verso il cielo.
Di sicuro per ora c’è la dura reazione del Cremlino. «Per ragioni sconosciute sottovalutano la gravità della risposta che potrebbero ricevere», ha tuonato Ryabkov additando gli Usa e rinviando esplicitamente agli avvertimenti già lanciati da Putin. Sono «da prendere con la massima serietà», ha avvisato il vice ministro rimandando alle parole con cui la settimana scorsa il leader del Cremlino aveva accusato la Nato di giocare col fuoco arrivando ad agitare lo spettro di «un conflitto globale». Ma Ryabkov ha anche aggiunto del suo, minacciando risposte «asimmetriche» a possibili attacchi ucraini sui sistemi radar di allerta missilistica. «Hanno dato carta bianca a Kiev» e «non stanno facendo niente per fermare le pericolose azioni provocatorie dei loro servi», ma «per gli Usa ci sarà sicuramente un prezzo da pagare», ha attaccato ancora il vice ministro. Gli Usa per ora hanno dato luce verde a Kiev per colpire in Russia le unità o le armi utilizzate per l’offensiva delle truppe di Putin sulla regione di Kharkiv. Tutto questo mentre Kiev denuncia l’uccisione di altri tre civili nell’Est del Paese.
Le tensioni sono altissime. E così, mentre i Paesi Bassi sottolineano che l’Ucraina potrà usare i 24 caccia F-16 che le hanno promesso anche contro obiettivi in territorio russo, il ministro degli Esteri di Kiev, Dmitro Kuleba, accusa la Russia di voler minare il vertice di pace in programma in Svizzera il 15 e il 16 giugno cercando di convincere altri Paesi a disertarlo. Sono accuse molto simili a quelle che Zelensky ha rivolto domenica a un Paese considerato politicamente molto vicino al Cremlino: la Cina. Pechino «sfortunatamente sta lavorando duramente per impedire ai paesi di partecipare al vertice di pace», ha dichiarato il presidente ucraino a margine di un summit a Singapore. La Cina respinge però tutte le accuse al mittente. Dice di avere una posizione «aperta e trasparente». «In nessun caso facciamo pressioni su altri Paesi», ha detto la portavoce della diplomazia cinese, aggiungendo che Pechino «spera sinceramente che questa conferenza di pace non diventi una piattaforma per creare uno scontro tra campi» ma anche che «tutti gli sforzi per una soluzione pacifica devono essere sostenuti».
In Svizzera, Zelensky punta a promuovere il suo piano di pace che prevede il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina invasa dalle truppe di Putin. Un piano che non va giù a Mosca, che non ha intenzione di mollare i territori che occupa armi alla mano. Al vertice non parteciperà la Russia. Ma neanche la Cina, su cui molti osservatori avevano puntato i fari per una sua possibile influenza politica sul Cremlino. E proprio la conferenza di pace vicino Lucerna è stata tra i temi discussi da Putin e Xi un mese fa a Pechino, sostengono fonti del Financial Times, secondo le quali «i tentativi della Russia di concludere un importante accordo con la Cina» per il gasdotto Power of Siberia 2 «si sono arenati su quelle che Mosca vede come irragionevoli richieste di Pechino sui livelli di prezzi e forniture». Questo mentre cresce la dipendenza di Mosca dalla Cina per le sue esportazioni di idrocarburi.