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7 Novembre 2023di Guido Olimpio
Il precedente (fallimentare) a Mosca prima della guerra
Nei momenti più difficili Joe Biden ha un inviato speciale: William Burns. Il direttore della Cia è arrivato in Israele per un viaggio che lo porterà in altri Paesi della regione.
L’annuncio della visita riporta a un’altra missione drammatica compiuta a Mosca alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina. Il tentativo di scongiurare il disastro svelando ciò che gli americani avevano saputo sui preparativi. La mossa non ha portato l’effetto sperato ma è stata la prova di come Washington avesse compreso il pericolo.
La Casa Bianca si affida ancora a Burns non solo perché guida l’agenzia di spionaggio. Diplomatico di carriera, 67 anni, di cui 32 passati nei ranghi del dipartimento di Stato, ex ambasciatore in Russia e Giordania, è ritenuto un funzionario con un’esperienza unica. Costruita sul campo, sotto presidenti repubblicani e democratici, in aree dove serve conoscenza, capacità di mediare e capire tra mille sfumature.
Burns nel tempo ha assunto la funzione di «facilitatore» ma anche di consigliere, accorciando le distanze con il centro di potere politico. Per questo ha partecipato a molte riunioni importanti su richiesta di Biden ed è stato inserito nella posizione formale di membro del Gabinetto presidenziale.
Note positive unite a fallimenti. C’è chi gli rimprovera valutazioni errate sui russi (in passato) e un paio di contatti con il finanziere Jeffrey Epstein: dei colloqui si è pentito pubblicamente. Più serie le responsabilità su scacchieri complessi.
L’intera intelligence statunitense non ha previsto il collasso repentino dell’Afghanistan dopo il ritiro occidentale: era consapevole della debolezza dell’esercito locale, però stimava che avrebbe tenuto per qualche tempo.
Il secondo errore riguarda l’inferno mediorientale. Lo spionaggio — secondo indiscrezioni — aveva dedicato minore attenzione ad Hamas ritenendo che fosse sufficiente la vigilanza israeliana.
Ha sottovalutato gli effetti dell’occupazione e le spinte del governo Netanyahu. Come a Gerusalemme l’ufficio analisi ha considerato che non ci fosse un pericolo alto, anche se nell’imminenza del 7 ottobre erano state inoltrate un paio di note di allarme su una possibile esplosione di violenza.
Una volta iniziata la battaglia, la Cia e le altre infinite componenti dell’intelligence sono entrate in scena per assistere Israele e per monitorare l’Asse della resistenza guidato dall’Iran. Supporto in parallelo all’attività del segretario di Stato Blinken, impegnato in una spola che ricorda la navetta di Henry Kissinger.
Il gioco delle «ombre» ora si intreccia con il lavoro discreto — ma annunciato — di William Burns. Il direttore deve pensare al fronte sicurezza, ai rischi di un allargamento del conflitto, alle garanzie per gli alleati. Al tempo stesso, indossando i panni del diplomatico, esplorerà strade per capire se siamo vicini a un allargamento della crisi e se esistano ancora margini di manovra per evitarlo. Il punto è che l’ultima parola è dei contendenti, al momento sul sentiero di guerra.