francesco semprini
I ribelli siriani conquistano Hama, le forze governative ripiegano, i loro alleati latitano e la Turchia è pronta a fare il suo gioco al tavolo delle trattative. L’onda d’urto delle forze anti-Assad fa capitolare la seconda città dopo Aleppo, ancora una volta con relativa facilità, al cospetto di un esercito siriano che ripiega di gran lena fuori dalla città «per preservare le vite dei civili e prevenire i combattimenti urbani». I ribelli hanno sfilato attraverso Hama fino a sera accompagnati da spari celebrativi. I detenuti si sono riversati fuori dalla prigione della città dopo che i ribelli li avevano liberati. In altri quartieri la popolazione civile acclama l’arrivo dei “liberatori”. Ed ora gli insorti sono pronti a marciare su Homs, crocevia strategico che collega Damasco al nord e alla costa.
«È giunto il vostro momento», è l’appello sui social degli antigovernativi che invitano, appunto, i residenti di Homs a sollevarsi e a unirsi alla rivoluzione. Abu Mohammed al-Joulani, il leader della fazione ribelle più potente – Hayat Tahrir al-Sham (Hts), ex affiliata ad Al-Qaeda e considerata gruppo terroristico dalla Turchia e dall’Occidente – ha espressamente garantito la protezione delle minoranze religiose esortandole ad abbandonare Bashar al-Assad, ma molti continuano ad avere paura degli insorti. Hts e gli altri gruppi ribelli cercano di consolidare il loro dominio ad Aleppo, sotto l’amministrazione del “Governo della Salvezza” che hanno istituito nell’enclave nord-occidentale. I residenti della seconda città siriana raccontano che vi è carenza di pane e carburante, mentre i servizi telefonici sono stati interrotti. La Fao, l’agenzia alimentare delle Nazioni Unite, spiega che i combattimenti hanno causato circa 280 mila sfollati. Secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, c’è urgente bisogno di un accesso umanitario immediato a tutti i civili bisognosi in Siria e di un ritorno a un processo politico facilitato dall’Onu «per porre fine al massacro». Al momento però dal campo arrivano indicazioni diverse.
Gli alleati del raiss di Damasco, Russia, Iran ed Hezbollah, non sono ancor intervenuti in maniera incisiva e i soli raid aerei ordinati da Mosca non possono più di tanto senza un’adeguata compagine di forze che operino a terra. I ribelli quindi potrebbero approfittare del momentum e marciare su Homs, 40 km a Sud di Hama, in modo da tagliare fuori Damasco dalla regione costiera, la roccaforte alawita di Assad e dove i suoi alleati russi hanno una base navale e una base aerea. Hama, inoltre, è fondamentale per il controllo di due grandi città con importanti comunità minoritarie. Muhrada, patria di molti cristiani, che ancora resiste ai ribelli, e Salamiya, dove ci sono molti musulmani ismailiti, che ha accettato di essere sottoposta al controllo degli anti-governativi.
La Turchia, che rinnega Hts, è da tempo il più grande sostenitore esterno di altre fazioni ribelli protagoniste dell’avanzata, e per Recep Tayyip Erdogan qualsiasi conquista dei ribelli è propedeutica a centrare i suoi obiettivi: far tornare indietro molti rifugiati siriani ora presenti in Turchia e allontanare dal confine i curdi, considerati dal “sultano” nemici giurati. Ieri si è rivolto ad Assad e auspicato «una soluzione politica». Ecco che Ankara quindi è pronta a fare il suo gioco assieme a Iran e Russia, quando si riuniranno al forum di Doha in calendario il 7 e 8 dicembre con l’obiettivo di rilanciare il formato di Astana. Mentre gli Stati Uniti hanno chiesto a Erdogan di ridurre il sostegno ai gruppi ribelli per non far saltare Assad. Un regime indebolito ma stabile soddisfa gli interessi di Usa e Israele che – in questo – coincidono con quelli della Turchia.