Le stime sul Pil del 31 luglio erano state una doccia fredda: un mese dopo è diventata gelida. Il calo del Pil nel secondo trimestre rispetto a quello precedente era allora dello 0,3%. Le stime Istat dicono ora che la discesa sarà di un decimale in più: -0,4%. È un segnale pesante da tutti i punti di vista. Dice che la marcia del governo è molto meno trionfale di quanto la premier stessa pensasse, smonta la sua propaganda, soprattutto prosciuga ulteriormente le casse in vista di una manovra che da difficile si sta facendo proibitiva. Quel decimale in meno implica infatti una ulteriore flessione delle stime sul Pil annuo. A luglio era previsto un aumento dello 0,8% invece che dell’1% come fissato nel bilancio. Ora scende al +0,7%. Significa che una manovra già costretta a misurarsi con risorse molte scarse si vede sottrarre ulteriori fondi e non è detto che le cose non peggiorino nel secondo semestre.

IL DATO DISAGGREGATO dice infatti che la flessione è dovuta quasi per intero al calo della domanda interna, in particolare a quello dei consumi privati. La crisi e l’impennata dei prezzi, come prevedibile, spingono le famiglie a comprare il meno possibile. È vero che nel terzo trimestre i consumi estivi, tradizionalmente più alti del solito, potrebbero alzare un po’ la stima ma è anche vero che l’impatto del prezzo della benzina ha colpito più duramente proprio in estate. Da Cernobbio arrivano previsioni diverse ma nessuna troppo ottimista. Emma Marcegaglia è convinta che la recessione possa essere evitata ma non si nasconde che «il rallentamento è significativo», Illy teme che «si possa arrivare al segno meno». La formula «fase prerecessiva» inizia a circolare un po’ ovunque.

Il poco consolante dato va sommato a quello del giorno precedente sull’occupazione, sin qui il principale vanto del governo. La flessione da luglio ad agosto è stata robusta: sono rimaste senza lavoro 73mila persone. Nel complesso il bilancio del governo resta lontano dal rosso. Rispetto al luglio 2022 ci sono 362mila occupati in più con una prevalenza, in controtendenza con il passato, dei contratti a tempo indeterminato. Rimane un dato brillante nonostante la controtendenza emersa in quest’ultimo mese ma un calo di 73mila unità è troppo robusto per non destare comunque allarme. Tanto più che l’impatto della recessione in Germania, della frenata in tutta l’area Ocse del peggioramento in corso della situazione dell’economia cinese deve ancora arrivare.

UN DATO CONSOLANTE, sulla carta, c’è: l’inflazione scende in un mese di quattro decimali, dal 5,9% al 5,3%. È una consolazione più apparente che reale. Il calo dell’inflazione, a fronte del continuo rialzo dei tassi della Bce, è più modesto del previsto e nel settore alimentare, quello nel quale i rincari sono più direttamente avvertiti e colpiscono maggiormente i settori più poveri, l’inflazione è quasi doppia. Sta al 9,6% e se è vero che c’è anche qui una discesa rispetto al 10,2% di luglio è anche vero che quando si passa ai prodotti più consumati, dunque quelli che più direttamente incidono sui conti delle famiglie, la marcia risulta invertita. Qui i prezzi salgono e l’inflazione passa dal 5,5% al 7%.

L’EUROPA nel complesso sta appena un po’ meglio quanto a inflazione, in media al 5,3%, e le stime dei vari Pil nazionali sono un florilegio di stime inquietanti.
Il quadro mette la Bce di fronte a un dilemma: la situazione sconsolante dei vari Pil potrebbe infatti convincere la Banca a tornare sulla decisione di alzare ancora i tassi. Se invece deciderà di insistere nella scelta di abbattere l’inflazione costi quel che costi la minaccia di recessione, anche in Italia, diventerà più incombente.
Il commento più caustico, dall’opposizione, è quello di Conte che accusa la premier di essere stata «con il cappello in mano di fronte ai falchi dell’austerità» e di «raccogliere quel che ha seminato». Per il Pd parla il responsabile dell’economia Misiani e chiede che la prossima manovra «faccia i conti con la realtà concentrando le risorse dove servono». Il problema è che le risorse sono quelle che sono e non ci si può fare molto. Ma chiedere al Pd anche solo un sussurro contro austerità e rigore è chiedere troppo.