L’ideologo di Putin (in video) ospite a Lucca in un convegno
5 Gennaio 2024Caroni l’ultimo saluto. Sani: “la musica perde un genio, io un amico”
5 Gennaio 2024I cantieri devono partire in questi mesi, ma dopo la revisione del governo toccherà alla Regione pagare
Giulio Gori ,Giorgio Bernardini
Tra pronto soccorso presi d’assalto e reparti ospedalieri saturi, la «sanità territoriale» è spesso la risposta facile a tutti i problemi. Il presidente della Regione Eugenio Giani l’ha rispolverata anche in questi giorni, con gli ospedali in affanno per l’ondata influenzale di inattesa forza e le crescenti polemiche da parte del personale sanitario, a tutti i livelli, che lamenta un lavoro divenuto impossibile. Ma affidarsi alla «rivoluzione» della sanità territoriale per risolvere i problemi contingenti è illusorio, perché lo scatto in avanti non avverrà prima di giugno 2026, quando dovrebbero essere messe a regime le opere finanziate dal Pnrr. Significa che per almeno altri due anni e mezzo gli ospedali rischiano ancora di restare senza reali alternative. Mentre i medici continuano a dimettersi per carichi di lavoro diventati insostenibili.
La Regione, che deve trovare il modo di tagliare le spese di un sistema sanitario che costa troppo proprio perché ospedale-centrico (un posto letto in ospedale costa dai 700 ai 4 mila euro al giorno, uno nelle strutture per le cure intermedie meno di 200 euro), non sembra avere soluzioni immediate. Proprio ieri, il governatore Giani, in visita al Santo Stefano di Prato, ha ribadito che la risposta alle difficoltà dei pronto soccorso sono gli investimenti sulle case di comunità, «che qui in Toscana, avevamo battezzato case della salute; il riferimento potrebbe essere il modello tedesco dei medici riuniti in cooperative, che ha una sorta di corrispettivo italiano nelle “Aft”, aggregazioni funzionali territoriali, dei medici di base, che potrebbero utilizzare le case di comunità e diventare punto di riferimento per i pazienti alternativo al pronto soccorso».
Negli ultimi due anni, Giani e l’assessore regionale alla Salute, Simone Bezzini, hanno più volte tuonato contro il mancato stanziamento di risorse per pagare il futuro personale delle case di comunità, che così «rischiano di restare delle scatole vuote». Ma proprio in questo quadro i medici di famiglia rappresentano solo una parte della soluzione. Perché le case di comunità sono di fatto i vecchi poliambulatori delle Asl, cui si aggiungono i medici di famiglia e i medici di guardia, per garantire ai cittadini una presa in carico costante. E anche il «modello tedesco» non è una novità dell’ultima ora, ma è previsto sin dagli albori della Missione Salute del Pnrr: associare i dottori in gruppi, in modo tale da garantire una rotazione per cui se un medico di famiglia non c’è, un paziente può sempre rivolgersi a un suo collega. Quel che manca, al momento, è proprio tutto il resto: gli specialisti che garantiscano le visite, la strumentazione diagnostica di base, gli infermieri, i fisioterapisti, gli amministrativi, gli assistenti sociali, gli psichiatri e gli psicologi. Ma mancano anche certezze sui tempi per le 77 case e per i 24 ospedali di comunità che la Toscana ha progettato: il governo Meloni, la scorsa estate, ha deciso il taglio di un terzo delle strutture, perché molte non sarebbero state in linea coi tempi del Pnrr e avrebbero rischiato di perdere i finanziamenti europei. Un taglio orizzontale che però è stato imposto a prescindere dal rispetto dei tempi, e di cui non si hanno ancora certezze.
Secondo la Regione, i progetti toscani sarebbero tutti in linea col calendario dettato da Bruxelles. E il paradosso è che gran parte dei cantieri è già stato appaltato e deve partire entro il primo trimestre del 2024. Così, dopoché l’Unione europea ha avallato il taglio chiesto dal governo, la Regione ha studiato il da farsi e ha concluso che, probabilmente, dovrebbe poter andare avanti con i lavori. Con un grosso inconveniente, però: le strutture escluse dal Pnrr saranno rifinanziate con altri capitolo di spesa nazionali, ma con tempi ben più lunghi; nel frattempo, per far partire il lavoro degli operai, dovrebbe essere la Regione, con soldi propri, ad anticipare i costi. Proprio nel momento in cui Giani e Bezzini devono imporre una cura dimagrante al sistema sanitario per i suoi costi diventati insostenibili.
Così, sembra quasi confortante che parte della terza costola del Pnrr, le Centrali operative territoriali (le cabine di regia dell’assistenza alla persona, anche a domicilio), invece sarà tagliata — una dozzina, rispetto alle 37 previste — e rimandata a data da destinarsi.
https://corrierefiorentino.corriere.it/