LA LETTERA
MILANO — L’ad Giuseppe Castagna torna a scrivere ai 20 mila dipendenti di Banco Bpm. L’aveva fatto il 14 novembre, celebrando «tre momenti particolarmente significativi per il nostro percorso di crescita e consolidamento »: i conti, l’Opa su Anima Sgr e l’entrata in Mps al 5%.
Ora è tutto diverso. «A pochi giorni dalla mia precedente lettera, mi sento di dover tornare da voi per commentare le recenti notizie, di cui certamente siete già a conoscenza », attacca il banchiere. Poi ribadisce le critiche al blitz da 10 miliardi in azioni con cui Unicredit vuole comprarsi la banca, e delistarla entro giugno. Castagna ha confermato la stima – ieri suRepubblica – sulle ricadute dei 900 milioni di sinergie da costo annunciate da Unicredit, «che si potrebbero tradurre in oltre 6.000 uscite» di suoi colleghi.
Poi ha ribadito che l’Ops rivale, che stima un premio dello 0,5% sulle quotazioni di venerdì scorso, «non tiene in alcun conto il valore espresso dalla nostra banca oggi e, ancora di più, nel futuro prossimo». La Borsa sposa il concetto, che anzi ieri si è acuito: Banco Bpm ha chiuso a 7,01 euro (+1%), Unicredit ha perso lo 0,15% a 35,815 euro, e il rapporto implicito tra i due titoli è a premio del 12% rispetto ai concambi.
L’offerta di Unicredit, ha aggiunto Castagna, è giunta in un momento in cui Banco Bpm «era protagonista sul mercato», con l’Opa sul gestoreda 200 miliardi Anima e l’investimento in Mps, «che hanno rafforzato il nostro posizionamento ponendo le basi per un’ulteriore crescita». Castagna, infine, ha ribadito la vocazione solitaria del gruppo, malgrado l’ingresso in Mps con un virtuale 9% abbia fatto sognare a molti (anche al governo) le prove di “terzo polo bancario”: «Siamo una grande banca autonoma, italiana con una forte vocazione di vicinanza ai territori e alle Pmi, spina dorsale del Paese. Dobbiamo continuare in questa direzione, nel solco da noi tracciato e continuando a fare bene il nostro mestiere, come sempre. È questa la strada giusta per crescere da soli».
Sul fronte opposto, il vertice Unicredit tace e pare intento a far passare la buriana, sul mercato e ancor più nei palazzi romani: nella convinzione che i conti veri del risiko si faranno i prossimi mesi, non ora. Intanto l’ad Andrea Orcel ha incassato il nulla osta di Moody’s, che ha confermato i rating di gruppo dopo il blitz sull’ex Popolare, con prospettive «stabili». Per l’agenzia Usa se l’Ops andasse a segno il merito creditizio rimarrebbe stabile: e «l’acquisizione di Banco Bpm non impedirebbe la potenziale acquisizione di Commerzbank da parte di Uni-Credit», di cui si parlerà verso metà 2025. Moody’s ha poi ribadito che, se l’affondo in Germania avesse successo, «prenderà in considerazione la possibilità che il rating stand-alone di UniCredit, ora Baa3, sia aggiornato a Baa2, un gradino sopra il rating sovrano dell’Italia», e spingendo all’insù anche i debiti senior non privilegiati e junior della banca.
Meno buone notizie, per Orcel almeno, dal governo italiano. Il leader della Lega e vice premier, Matteo Salvini, è tornato a evocare il golden power: «Abbiamo il dovere di difendere il risparmio e il lavoro degli italiani. Unicredit di italiano ha poco ed è controllata da stranieri, che vada a fare acquisti di altre banche per magari chiudere sportelli in Italia e trasferire i risparmi degli italiani all’estero». Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sull’ipotesi che il governo usi i poteri speciali per vietare l’Ops di Unicredit ha detto: «Il mercato è vivace, non partecipiamo a dibattiti che sarebbero scomposti e fuori luogo». E ricorda che «nelle operazioni valgono i fattori strettamente di mercato e le regole».