Il XIX Congresso nazionale della Cgil, “Il lavoro crea il futuro”, che prende il via oggi a Rimini, conclude un lungo percorso che ha avuto inizio lo scorso 30 settembre.

Nella prima fase congressuale, che si è svolta fino al 10 dicembre, si sono tenuti ben 43.211 congressi di base, di cui 37.220 sul posto di lavoro e 6.011 territoriali. Poi è stata avviata la seconda fase, conclusasi il 24 febbraio scorso, durante la quale si sono svolti 1.939 congressi: 1.540 nelle categorie provinciali; 240 nelle categorie regionali; 12 nelle categorie nazionali; 126 congressi nelle Camere del lavoro e Camere del lavoro metropolitane; 20 congressi delle Cgil regionali.

Un percorso di partecipazione e democrazia che ha eletto 986 delegati e delegate (Il 50% sono donne), che da oggi siederanno al Palacongressi di Rimini per il congresso nazionale.

Ogni quattro anni le iscritte e gli iscritti, le delegate e i delegati, il gruppo dirigente diffuso sono coinvolti in un confronto democratico in tutto il Paese, costitutivo per la nostra organizzazione e vitale per l’insieme del mondo del lavoro.
Da molti anni, oramai, i nostri congressi pongono al centro della riflessione la necessità di fare i conti con la frantumazione del lavoro e la perdita di diritti.

Una situazione figlia di leggi che hanno accompagnato la precarizzazione del lavoro e favorita dalle scelte delle imprese e dai servizi, dal pubblico e dal privato. Una frantumazione del mondo del lavoro che ha determinato solitudine e messo in concorrenza tra di loro le persone che per vivere hanno bisogno di lavorare. Un’offensiva culturale e concreta con cui da tempo siamo costretti a misurarci.

Questo congresso, però, si svolge in una condizione ancora più difficile, che nessuno di noi avrebbe mai pensato di vivere, segnata dalla pandemia dentro casa e dalla guerra alle porte di casa. Dalla vita delle persone agli equilibri internazionali, tutto è stato ribaltato e messo in discussione. La globalizzazione dentro cui siamo ha mostrato tutte le fragilità mentre siamo sempre più globalmente interconnessi e dipendenti dagli equilibri e dalle scelte internazionali.

In Italia, durante la fase acuta della pandemia, il sindacato è stato capace di imporre la centralità del lavoro, mentre l’Europa lasciava da parte le regole ferree del patto di stabilità per affrontare l’eccezionalità della crisi. Subito dopo, però, si sono riaffacciate delocalizzazioni, nuove e vecchie povertà generate dalla precarietà del mercato del lavoro e dall’indebolimento dello stato sociale, dalla mancanza totale di politiche industriali e di programmazione.

La guerra e la crisi energetica, le speculazioni e l’inflazione mordono le condizioni concrete. La strage di morti sul lavoro ci ricorda a ritmo incessante quanto poco, al di là delle dichiarazioni di circostanza, conti il rispetto delle condizioni delle persone. Tutto questo mentre l’Europa torna a stringere i vincoli finanziari e si mostra inadeguata a svolgere un ruolo politico internazionale e ad affrontare insieme le sfide della riorganizzazione e innovazione delle filiere produttive e a salvaguardare l’impronta sociale del suo modello.

Ecco, nell’eccezionalità di questa condizione noi abbiamo attraversato e discusso tutti i mesi della fase congressuale e ci apprestiamo a svolgere il congresso di Rimini. Un congresso che dovrà verificare le nostre scelte per il presente e per il futuro, impegnando tutta la Cgil a come mettere in pratica le nostre decisioni, per rafforzare i legami di rappresentanza, adeguandoci a come è cambiato il modo di produrre e di fare servizi dentro la rivoluzione ambientale e digitale. In un quadro politico certo non favorevole a riconoscere il valore del lavoro e l’obiettivo della giustizia sociale, mentre la guerra continua, e l’umanità tocca il punto più basso nella guerra ai migranti.

Come purtroppo i continui naufragi e la tragedia di Cutro dimostrano, è necessario un radicale cambiamento delle politiche migratorie italiane ed europee, per rafforzare l’accoglienza, aprire i corridoi umanitari: le persone in mare vanno sempre soccorse, senza se e senza ma. Pensare che si possano fermare i migranti, che fuggono da guerre e persecuzioni, nei Paesi di partenza è una grande falsità. Il nostro Paese e l’Europa devono definire nuove politiche migratorie che mettano al centro umanità e accoglienza”.

Dal Congresso di Bari a oggi, in soli quattro anni, sono cambiati in Italia ben quattro governi. La crisi della rappresentanza politica si è resa sempre più evidente con il crollo della partecipazione al voto, segnale indiscutibile del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro e dell’acuirsi delle disuguaglianze.

C’è una crisi democratica senza precedenti, c’è bisogno che il mondo del lavoro torni a essere al centro dell’azione sindacale e politica dei governi e dei parlamenti. Dobbiamo avere la capacità di allargare la nostra rappresentanza alle nuove generazioni, essere in grado di offrire la possibilità che tutte le persone che lavorano abbiano tutele e diritti che permettano di vivere dignitosamente.

Sono cinque le azioni prioritarie che la Cgil ha messo al centro della discussione congressuale per affrontare problemi di rappresentanza che coinvolgono anche le organizzazioni sociali:

  1. aumentare i salari e riformare il fisco;
  2. fermare la precarietà e ridurre e ridistribuire gli orari di lavoro;
  3. opporsi all’illegalità nel lavoro, contrastando il proliferare delle catene di appalti e il lavoro grigio e nero e investendo per la sicurezza nei luoghi di lavoro;
  4. costruire un nuovo stato sociale fondato su formazione, sanità, riforma delle pensioni, assistenza di qualità, integrazione sociale e lavorativa dei cittadini migranti, lotta alla povertà;
  5. rivendicare politiche di sviluppo e politiche industriali, a partire dal Mezzogiorno, e un nuovo intervento pubblico perché la digitalizzazione e il nuovo paradigma ambientale diventino non solo sostenibili ma una vera opportunità per il Paese.

Tutti obiettivi in totale controtendenza rispetto a quello che è avvenuto in questi ultimi anni e che rischia di accelerare ulteriormente. Il congresso dovrà discutere e decidere come rendere più efficace la nostra azione verso il governo e verso le imprese, per trasformare le piattaforme in azione e mobilitazione, per allargare la rappresentanza riunificando quello che i governi e le imprese hanno frantumato, per far sentire la concreta necessità di sindacato a donne e uomini di tutte le generazioni.