PAOLO BARONI
«A noi i conti non tornano», spiega il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini il giorno dopo il tavolo convocato dal governo a palazzo Chigi per affrontare la questione dei 19 miliardi di euro di crediti fiscali legati al Superbonus che sono rimasti incagliati. Se non si trova una soluzione «rapida ed efficace» sono a rischio ben 25 mila imprese ed oltre 100 mila occupati. Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti una soluzione può essere quella di utilizzare i crediti fiscali acquistati dalle banche per pagare tasse e contributi che le varie aziende di credito versano con gli F24, prevedendo «solo in caso di emergenza» di allargare questa operazione ai correntisti delle banche stesse.
Stando ai dati dell’Agenzia delle Entrare portati lunedì al tavolo con imprese e associazioni l’anno passato a fronte di 32 miliardi di imposte versate (Ires, contributi previdenziali e ritenute alla fonte relative ai dipendenti e ritenute sugli utili maturati dalla clientela, ecc.)le banche hanno scontato appena 7 miliardi di crediti fiscali. Ne avanzerebbero quindi altri 25 più che sufficienti per assorbire i 19 miliardi di crediti che in questa fase stanno creando problemi a imprese e famiglie, tanto più che vanno spalmati in almeno 4 anni.
In realtà, spiega a la Stampa Sabatini, «questi sono i dati del 2022, anno in cui le banche hanno scontato i crediti dell’anno prima, dati che non solo non tengono conto dei flussi ma nemmeno delle operazioni in lavorazione o quelle per le quali le banche hanno già assunto impegni. Una fonte autorevole, come la Commissione d’inchiesta sulle banche – aggiunge il dg Abi – alla fine della scorsa legislatura era già giunta alla conclusione che le banche nel biennio 2020-2022 avevano saturato la loro capacità fiscale» per un totale di 76,98 miliardi.
Oltre, allo stato attuale, non si può andare, anche perché ricordano sempre dall’Abi, occorre tenere conto il tema della sana e prudente gestione, con la Banca d’Italia che con una sua circolare ha raccomandato alle banche «di acquistare crediti in misura coerente con la propria capacità di poterli poi compensare». Pertanto «i plafond annuali di acquisto dei crediti di imposta devono essere definiti in funzione della capienza attuale e potenzialmente prospettica della posizione debitoria. Cioè deve essere comunque garantito un margine di sicurezza per i bilanci, per evitare di eccedere».
Mentre alla Camera è previsto che il nuovo decreto inizi giovedì il suo iter, il confronto si sposta sul tavolo tecnico che il Mef dovrebbe convocare a breve. E in quella sede per Sabatini «ci sarà il modo di verificare in maniera più puntuale i dati, chiarendo che come settore bancario abbiamo ovviamente il massimo interesse a trovare una soluzione perché poi le difficoltà delle imprese diventano crediti deteriorati».
Nella nota congiunta Abi e Ance sostengono che per far fronte all’emergenza, posto che «non bastano gli acquisti e gli impegni ad acquistare già assunti dalle banche», «occorre una misura tempestiva che consenta immediatamente alle banche di ampliare le capacità di acquisto utilizzando anche una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24» della clientela. Una soluzione «che ha il vantaggio di essere applicabile in tempi molto rapidi, di facile realizzazione e non avrebbe alcun impatto aggiuntivo sulla finanza pubblica».
Ieri sul caso degli sconti fiscali è intervenuta anche la Banca d’Italia segnalando che il Superbonus comporta sì «oneri ingenti» ma anche che ha avuto «un impatto assai significativo su settore». Peccato che «per la sua natura automatica e l’assenza di controlli a monte» sia «più difficile da controllare» e «non permetta quindi un monitoraggio del costo per il bilancio pubblico», oltre a portare con sé «il rischio» che in questo modo sia più facile commettere frodi.
Ieri il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte ha incontrato imprese e sindacati ed ha rinnovato le critiche al governo («l’unico buco è quello creato dal decreto del governo nottetempo»). Caustico anche il commento del presidente di Confindustria Carlo Bonomi che a Savona ha parlato di «decisione affrettata del governo, che ha gettato nel panico imprese e famiglie». Detto questo, «se il governo creasse le condizioni affinché si possano fare cessioni di primo grado tra privati si potrebbe individuare una classe di imprese che potrebbero acquistare i crediti che ora sono fermi» e contribuire così ad uscire dall’attuale impasse.