Tucci, ucci sento odor di cristianucci…
19 Giugno 2022Un’ondata di nuovi radicalismi?
19 Giugno 2022di Germana Marchese
“Igor Southwood racconta che, ai tempi in cui era sottoccupato e viveva di contratti a breve termine offerti all’ultimo minuto da agenzie interinali, una mattina commise l’errore di andare al supermercato. Appena rientrato a casa scoprì che l’agenzia gli aveva lasciato un messaggio offrendogli un lavoro per quel giorno. Ma quando richiamò l’agenzia gli disse che il posto era già stato assegnato e lo rimproverò per la sua negligenza … dieci minuti sono un lusso che un lavoratore giornaliero non si può permettere” Nel capitolo intitolato “La privatizzazione dello stress” nella raccolta “Il nostro desiderio è senza nome” Mark Fisher tratteggia con lucida ferocia intellettuale uno dei fenomeni più preoccupanti della dimensione umana contemporanea. La precarietà dilagante, l’amplificazione disumana dei curricula e lo stacanovismo del lavoro immateriale. In poche parole descrive una pericolosa deriva per giovani e meno giovani in pericolo per la salute mentale. La sua è stata una lettura radicale ma contiene ancora spunti interessanti di riflessione. “Quando il malcontento è individualizzato e interiorizzato, la causa sociale e politica della sofferenza viene garbatamente elusa”. Come a dire, stai pure male, arrangiati, deprimiti fino allo stremo ma fallo in silenzio di grazia, imbottisciti di farmaci e saremo tutti assolti. Salvo poi assistere ad esplosioni di rabbia generalizzata che non controlliamo comunque.
Scenario post apocalittico? Mica tanto.
Per partire col piede giusto e tentare di proseguire nei ragionamenti senza arretramenti inutili, bisogna cominciare a guardare dritta in faccia la realtà, immaginando le cose in proiezione, senza ripiegarsi all’indietro, considerando l’atmosfera emotiva ed esistenziale che potremmo respirare da qui in avanti. Invero, molti di noi la stanno già sperimentando e se la prefigurano con preoccupazione anche per i propri figli ma a Siena non è mai uno sforzo scontato perché la retorica del benessere ha permesso a molta parte della comunità di crogiolarsi nella convinzione di riuscire a mantenere, senza particolare impegno ad oltranza, sicurezza ed occupazione. In aggiunta i sondaggi utilizzati dai politici locali come l’oracolo di Delfi, hanno manipolato l’indicidibile come scriveva Baudrillard in “Lo scambio simbolico e la morte”.
Più si dilata la certezza sul futuro e la difficoltà di immaginarlo, più si intensifica la febbre della pseudoscienza dei dati istantanei, della nevrosi tattile. Come se non bastasse, si aggiunge la schizofrenia informativa che ci fa vivere nella più grande confusione, sovraesposti, galleggiando in un cyberspazio sempre più sovraccarico. Anche questa tendenza era stata anticipata profeticamente dallo studioso francese in “L’estasi della comunicazione” – converrebbe rileggerlo – anzi, si esaspera ogni giorno di più, genera ansie, condiziona il nostro approccio alla realtà e purtroppo si riflette anche nella produzione culturale, nella progettualità, nel dibattito cittadino. Divoriamo il presente in modo frenetico e nella fretta lo semplifichiamo ma sappiamo bene che il tempo è necessario per far maturare il pensiero, per dirimere la complessità del presente, per crescere, per diventare consapevoli.
Se la realtà urbana è ancora fluida tuttavia alcuni tratti emergenti nella dimensione locale sono già individuabili anche se pochi vogliono leggerli fino in fondo.
Intanto converrebbe prendersi il tempo necessario per rispondere con onestà a domande propedeutiche sulla tipologia dei futuri potenziali elettori. Chi sono? Come sono cambiati? In che rapporto sono con le istituzioni?
Che relazione c’è tra ricatto occupazionale, svendita del diritto di cittadinanza e fenomenologia dell’astensionismo? Quale relazione tra consenso e fiducia?
In prossimità della campagna elettorale i più onesti intellettualmente realizzano che, indeboliti e insufficienti gli apparati di partito, diventa essenziale un maggiore impegno speculativo. Uno sforzo più grande e condiviso. È nato con questo proposito il recente convegno sul civismo del TPC ed è stato volutamente accompagnato da una certa propensione ad usare i media in modo proattivo e non semplicemente reattivo.
In generale i dati che emergono sono piuttosto inequivocabili, il clientelismo politico è entrato in crisi poiché ad un certo punto è apparso chiaramente che il voto non è in grado di produrre mutamenti sostanziali o benefici sperati. I partiti, d’altro canto, mentre un tempo fidelizzavano buone percentuali di popolazione, mediavano tra bisogni e risorse pubbliche, non svolgono da tempo il ruolo di ammortizzatori tra cittadini ed istituzioni, quindi la politica, come ha giustamente affermato qualcuno, è diventata una specie di mercato libero. Alla caccia del voto sulla base del consenso più che sulla fiducia, si muove un sottobosco di piccoli leaders e di varie cordate; c’è di tutto dentro, consiglieri veri o presunti, assessori esperti in trasformismo, pseudo politici che riempiono il vacuum attraverso nuovi circuiti di potere, scambi individuali, affari a beneficio di pochi. Certa disinvoltura nella distribuzione del potere si evince anche dalle nomine nelle posizioni amministrative a disposizione dell’esecutivo. La competenza e il merito sono opzionali.
Di conseguenza la sfiducia sistemica produce astensionismo o, nel migliore dei casi, estrema mobilità del voto.
In una situazione simile, può facilmente accadere che potenziali elettori, spesso giovani con lavori precari e meno giovani che il lavoro l’hanno perso, dopo aver buttato alle ortiche la tessera elettorale, cadano nuovamente nella trappola del clientelismo e svendano per poco più di una promessa il proprio diritto di cittadinanza. Ecco allora il ripiegamento all’indietro, il proliferare di associazioni più o meno operative, il ricatto occupazionale e la pericolosa degenerazione verso forme anche più gravi di corruzione.
Non conviene più a nessuno cadere in queste reti, converrà invece misurarsi seriamente sui contenuti e sulle proposte che funzioneranno solo se riusciranno ad interpretare correttamente percezioni, bisogni e mutamenti sociali.