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25 Ottobre 2025
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25 Ottobre 2025Un appunto visivo, tra malinconia e ironia lieve.
Una sera senese, sospesa tra memoria e rappresentazione.
Dove la grazia di un tempo si è fatta gesto riflesso,
e la città, bellissima e distratta, sembra specchiarsi nei suoi duplicati.
di Pierluigi Piccini
Un tappeto rosso troppo corto.
Un sorriso tirato.
Un abito che brilla sotto una luce fredda.
Si sistema una giacca. Si cerca l’obiettivo.
Le mani si incontrano senza stringersi.
Le parole si sprecano, leggere come coriandoli.
Dietro, i loghi, l’albero stampato, la promessa di un evento.
Tutto fermo, come in una fotografia d’epoca.
Solo che il tempo, qui, non è più gentile.
Siena guarda da lontano, distratta.
Non c’è più la grazia delle signore di Guiso,
che vivevano il loro tempo e lo inventavano con misura.
Qui restano figure che lo imitano,
replicanti di un’eleganza senza vita,
gesti svuotati che si ripetono per abitudine.
Rimane un’aria di festa spenta,
un’educazione di facciata, stanca di sé.
E la malinconia lenta, quasi dolce,
di chi continua a recitare,
senza più ricordare la parte.
Quando tutto si spegne,
sembra di sentire una voce lontana chiedere:
«Che cosa hai fatto in tutti questi anni?»
E qualcuno, piano, risponde:
«Sono andato a letto presto».





