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28 Luglio 2025
Provincia di Siena, un’economia che guarda lontano e si trova a fare i conti con i dazi
29 Luglio 2025Nell’estate del 2025 l’Unione Europea ha siglato un’intesa commerciale con gli Stati Uniti che, pur evitando l’escalation di una guerra doganale, ha segnato un netto arretramento della posizione europea. L’accordo ha stabilito l’applicazione di tariffe del 15% su una vasta gamma di beni esportati dall’Europa, mentre da parte europea si è accettato di incrementare in modo significativo gli acquisti di energia e gli investimenti nel mercato statunitense.
Sotto la superficie di un compromesso diplomatico si cela un’imposizione unilaterale: l’Europa ha dovuto cedere su quasi tutta la linea, subendo un impatto economico stimato in diversi decimali di PIL, con punte vicine all’1% per i paesi più esposti, tra cui l’Italia. I settori più penalizzati sono quelli ad alta esportazione: industria automobilistica, macchinari, beni alimentari.
Proprio in ambito agroalimentare, il vino emerge come una delle vittime più evidenti. Le esportazioni di bottiglie italiane, francesi e spagnole verso il mercato americano hanno subito una frenata: l’aumento dei costi legato ai nuovi dazi rischia di rendere questi prodotti meno appetibili rispetto a quelli locali o provenienti da aree extraeuropee. Le piccole aziende, in particolare, potrebbero perdere quote di mercato conquistate in anni di lavoro e relazioni commerciali. E con esse, si indebolisce l’intera catena di valore territoriale che lega il vino a identità, turismo e occupazione.
La strategia statunitense si inserisce in una visione del commercio come leva di potere politico, in contrasto con ogni principio di cooperazione multilaterale. L’UE, invece, è apparsa priva di strumenti per rispondere: né una politica commerciale forte, né una voce unitaria nel negoziato hanno evitato l’arretramento.
Il quadro generale mostra il ritorno di una logica protezionista su scala globale. Ma se in passato questa serviva a far crescere economie emergenti, oggi è utilizzata da chi già domina il mercato mondiale per consolidare la propria egemonia.
La vera questione è politica: in assenza di una strategia comune, l’Europa rischia di essere ridotta a una semplice area di consumo e di dipendenza. I dazi non sono solo numeri nei registri doganali: sono un segnale preciso dell’indebolimento dell’autonomia europea e del mutamento dell’ordine economico internazionale. E in questo nuovo scenario, non c’è spazio per chi resta fermo.